Un’intervista con Danny Schechter,

- regista di La sfida di Falun Gong alla Cina
 
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La Thirteen/WNET di New York, per la serie “Verso oriente”, presenta “La sfida di Falun Gong alla Cina”, un’inchiesta che colpisce duramente la politica cinese verso un movimento spirituale che afferma di avere 100 milioni di seguaci in tutto il mondo. Nell’ottobre del 2000, il presidente cinese Jiang Zemin dichiarava che Falun Gong era stato ormai piegato “ [I termini ingiuriosi usati dal governo cinese vengono qui omessi.]”. La risposta del movimento Falun Gong era quella di organizzare continue manifestazioni di protesta non violente nel centro di Pechino. Diretto sul campo da Danny Schechter, giornalista investigativo vincitore del premio Emmy, questo film contiene riprese esclusive, una rara intervista con Li Hongzhi, il fondatore di Falun Gong, e testimonianze in prima persona segretamente registrate su videocassette in Cina da praticanti che sono stati torturati nelle galere cinesi. AsiaSource ha parlato con Danny Schechter dell’esperienza vissuta nel produrre il documentario e del suo punto di vista sul come i media trattano Falun Gong.

Mi puoi dire come mai ti sei messo a fare documentari d’inchiesta e se questo era il primo che realizzavi in Asia?

Sono stato un cronista investigativo per otto anni e prima ancora ero un giornalista della carta stampata, così ho sempre avuto un’inclinazione per il giornalismo d’inchiesta. C’è da dire che alla Global Vision abbiamo prodotto un programma, messo in onda sulla PBS e chiamato “Cina adesso”, sull’ anniversario di piazza Tienanmen. Ci siamo anche occupati della Cina nelle nostre serie sui diritti civili chiamate “Giusto e Sbagliato”. Il mio interesse per la Cina si è sviluppato dopo esserci andato e aver seguito quello che vi stava succedendo. Io, così come molta altra gente, volevo sapere cosa era realmente successo in piazza Tienanmen e così sono entrato in contatto con molti degli studenti attivisti.
“La sfida di Falun Gong alla Cina” è basato su un libro. Per scrivere il libro ho letto molto e fatto una quantità di interviste. Il libro però comprende anche testimonianze di membri di Falun Gong assieme a critiche di parte governativa.

E’ stato difficile entrare in contatto con membri di Falun Gong per il tuo documentario? Come sei riuscito ad ottenere le testimonianze dei praticanti che erano stati torturati nelle galere cinesi?

E’ praticamente impossibile stabilire dei contatti, a meno che tu non sia realmente e sinceramente determinato ad ottenere quello che cerchi. Ian Johnson del Wall Street Journal, unico a Pechino, è stato in grado di fare dei servizi ponderati sulle persone. Penso che i membri di Falun Gong abbiano avuto fiducia in lui e l’abbiano rispettato sulla base della sua esplicita volontà di fare un lavoro serio. Altri giornalisti non li hanno rispettati e li hanno attaccati con inchieste sui giornali popolari.
Abbiamo chiesto le testimonianze di praticanti a delle persone in Cina che hanno organizzato e diretto queste riprese per noi. Ci sarebbe piaciuto intervistarli noi stessi, ma sospettavo che non risarebbe stato possibile entrare in Cina per fare questo genere di film. La gente con la quale ho lavorato a Pechino sarebbe stata messa in pericolo per fare una cosa del genere e questo li avrebbe resi molto inquieti. Così non ho avuto la sensazione che questa fosse una storia che potevo gestire personalmente nel modo che più mi piaceva. […].

Qual è stato il ruolo dei media riguardo Falun Gong?

Ho pubblicato diversi saggi ed articoli proprio sulla copertura dei media, perché avevo l’impressione che i essi non stessero facendo un buon lavoro nel trattare questa storia. I media occidentali tendevano ad usare gli stessi schemi di riferimento che stava usando la Cina, culto, setta, ecc.. Di conseguenza usavano dei peggiorativi. Falun Gong veniva rappresentato come qualcosa cui nessuna persona sana di mente si sarebbe interessata. Lo paragonavano a quanto era successo a Waco, nel Texas. Tutto questo mi ha reso sospettoso. Questo è un modo parziale e molto superficiale di etichettare questa gente.
Oltretutto ho una certa inclinazione per le problematiche sui diritti civili, dato che ho prodotto delle serie televisive sui diritti umani per quattro anni. Sento che questo è chiaramente un problema di diritti civili. La gente viene dispersa, assalita, incarcerata e detenuta. Non ho avuto la sensazione che la ferocia di tutto questo fosse ben rappresentata dai media. E’ come scrivere degli asiatici senza mai parlare con gli asiatici, oppure trattare del Movimento dei Diritti Civili senza parlare con la gente di colore. In questo modo le persone che sono i diretti protagonisti della drammatica attualità vengono tagliate fuori. Di tanto in tanto si riferiscono le opinioni di esperti e portavoce, ma ciò non rende più umana la situazione. Alcuni membri di Falun Gong mi hanno detto di aver inoltrato parecchie testimonianze che erano state rifiutate, mentre quella di un professore di Yale, un cosiddetto “esperto”, era stata accettata. Però questi esperti non sapevano molto in realtà, perché questo è un fenomeno nuovo. Tutto è cominciato nel 1992 via via fino al 1999 e ci sono state pochissime inchieste approfondite.

L’ironia è che la gente che ama la Cina vuole fare affari con la Cina e vuole promuovere una maggior comprensione della Cina. Questa gente dovrebbe tentare di incoraggiare i cinesi a comprendere come questo modo di trattare Falun Gong viene percepito in occidente. Dovrebbero far capire quanto la libertà religiosa sia importante nella stessa formazione del nostro paese e come quello che stanno facendo i cinesi non faccia altro che rinforzare un’immagine della Cina che i suoi modernizzatori, incluso Jiang Zemin, vorrebbero la gente non vedesse; uno stato repressivo, crudele, autoritario.

Nel film affermi che all’inizio dell’affermazione di Li Hongzhi come leader di Falun Gong, la popolarità raggiunta dai suoi corsi gratuiti ha provocato una competizione affaristica da parte di altri praticanti in Cina. Puoi spiegare più profondamente come ciò potrebbe aver determinato il cambiamento dell’atteggiamento del governo verso il gruppo?

Investigando su questo aspetto e andando più in profondità, ho iniziato a rendermi conto che dietro c’era molto più di quanto la gente pensasse. C’era tutto un altro modo di leggere gli avvenimenti.
Cosa sta succedendo in Cina in questo periodo? La prima cosa che ho scoperto è che queste persone [i membri di Falun Gong] non erano contro il governo, né contro il Partito [si omette il nome del partito]. Erano apolitiche e non vedevano alcuna incompatibilità nell’essere contemporaneamente membri del Partito e praticanti di Falun Gong o di qualsiasi altra pratica di Qi Gong [Qi Gong è il nome generico di un complesso di tecniche per il benessere fisico e spirituale, con una tradizione in Cina risalente all’era precristiana]. La seconda cosa che ho scoperto è che c’era parecchia tensione all’interno del governo cinese circa i regolamenti che disciplinano gli affari. All’inizio, Falun Gong faceva parte della Federazione del Qi Gong, la quale era gestita dallo stato, e tale federazione in sostanza aveva cominciato a interferire con l’attività di tutti i vari maestri.

Uno di questi, Li Hongzhi, sentiva di non aver bisogno di tale interferenza. In sostanza, per ogni dollaro guadagnato, 60 centesimi sarebbero dovuti andare alla federazione. Non conosco esattamente i dettagli finanziari. Però, mentre Falun Gong si diffondeva sempre di più, Li Hongzhi dichiarava che la sua missione era far conoscere la pratica e diffonderne i benefici a tutti e che il denaro non lo interessava. Dopo questa mia indagine, ho scoperto che il gruppo ha un orientamento molto antimaterialistico, un orientamento spirituale e non materiale. La Cina però si sta movendo in direzione di un’economia di mercato, direzione molto più materialistica. E così Li Hongzhi ha deciso di offrire corsi gratuiti e di lasciare la federazione. Questo ha sconvolto tutti gli altri maestri perché ha dimezzato le loro tariffe. Si può considerare questa una mossa abile oppure no, di fatto l’effetto è stato quello di alimentare la crescita di Falun Gong in modo straordinario.

Tempo prima, il governo cinese credeva che Falun Gong fosse una gran bella cosa perché dava degli scopi alla gente. Il sistema assistenziale cinese è a pezzi e Falun Gong insegnava alla gente qualche pratica salutare con cui avere cura di se stessi. Poi il governo ha cambiato idea. Bisogna riandare al contesto di quei giorni. L’ambasciata cinese viene bombardata e viene organizzata la campagna contro gli Stati Uniti. Prima che questo accadesse, Jian Zemin veniva presentato come membro di una dirigenza collettiva. Ora, tutto d’un tratto, Jian Zemin con questo conflitto si trova proiettato nel pantheon dei grandi leader, assieme a Mao e a Deng. In sostanza fa ricorso al nazionalismo per mobilitare la gente. Ha funzionato veramente bene per lui. Sono convinto che improvvisamente il governo abbia pensato che la lotta contro Falun Gong sarebbe stata una cosa simile. Trovano un nemico interno, mobilitano la gente attorno a tale problema e lanciano il potere del leader supremo. Tutto bene all’infuori di una cosa,la gente cinese non c’è cascata. La reazione della gente cinese a questo piano è stata negativa e in più c’è stata della resistenza. Questo lo rende un fenomeno molto interessante e più complesso di quanto si pensi. Non è riducibile ai modo con cui viene inquadrato da molti media occidentali o persino da qualche esperto cinese. Alcuni esperti vanno in cerca di paralleli storici invece di guardare a quello che queste persone dicono in realtà. Tutti vogliono parlare di loro e non con loro.

Intervisti molti americani che praticano il Falun Gong. Come hanno reagito al sentimento anti- Falun Gong del governo cinese?

Molti praticanti sono americani di origine cinese e sono molto istruiti sulla Cina e vanno avanti e indietro. Ogniqualvolta attacchi un gruppo di persone, accadono due cose. Alcune cedono e spariscono, altre contrattaccano e resistono. Questa è la lezione della storia. La repressione alla fine non prevale.

Li Hongzhi, fondatore di Falun Gong, è stato descritto in molti modi. Dopo averlo personalmente incontrato, quale è stata la tua impressione di lui?

Abbiamo fatto un film per la “PBS’s Fronline” sul reverendo Moon e la sua “Chiesa della Riunificazione”. All’inizio ho pensato che il fondatore di Falun Gong fosse come il reverendo Moon. Mi sbagliavo. Non è un leader che si magnifica da solo e si autopromuove come il reverendo. Egli è un simbolo unificante di una tradizione culturale. Sembra essere contro lo stereotipo del leader, perché non è politicamente astuto nel senso tradizionale del termine. E neanche sta comperando giornali per influenzare la cultura americana come ha fatto il reverendo Moon con il Washington Times. E per quanto ne so io, non vive in un palazzo e non se ne va in giro su macchine di lusso.

Qual è stata la reazione delle organizzazioni internazionali?

Penso che all’inizio fossero molto agitati per questa cosa. Nessuno vuole essere accostato a un qualcosa che appare mistico o magico. Così si tende a tenersi a distanza. I membri di Falun Gong sono molto fanatici, nel senso che credono in qualcosa e vogliono battersi per essa; ciò rende la gente nervosa, incluse le organizzazioni per i diritti civili. Tali organizzazioni sono molto più a loro agio nel campo dei diritti politici, come libertà di espressione e movimenti per la democratizzazione. I membri di Falun Gong non si curavano molto di questo, perché quello che a loro importa è migliorare se stessi e salire di livello. Francamente penso ci fosse una piccola discrepanza culturale.

Poi entrambe le parti hanno cominciato a evolversi. I membri di Falun Gong hanno capito che le azioni del governo cinese erano malvagie e dovevano essere sfidate. La comunità per i diritti civili ha capito che le violenze erano atroci e che Falun Gong era, per esclusione, la principale forza d’opposizione. I gruppi per i diritti civili hanno redatto dei rapporti, continuano ad aggiornarli e fanno di questo problema una loro priorità.

Nel tuo film affermi che da 70 a 100 milioni di persone praticano il Falun Gong nella sola Cina e molte altre in giro per il mondo. Dopo aver fatto questo documentario, ti sei fatto un’idea sul perché è diventato così popolare?

Penso si stia diffondendo per tre motivi. Prima di tutto, ci sono dei problemi che le politiche del partito cinese [nome del partito omesso] non possono veramente risolvere. Ci sono problemi economici quali i tagli al sistema sanitario e ai servizi pubblici. Falun Gong è un modo popolare con il quale la gente può assumersi la responsabilità per la propria salute. Ciò assomiglia al modo della gente americana di assumere vitamine anche se alcuni dottori dicono che non serve a niente. Questo potrebbe essere un grande placebo ad un certo livello. Però la gente ci crede. Si posso osservare queste tendenze in tutto il mondo. C’è un aspetto pratico. La gente è alla ricerca del modo migliore di trattare i problemi della salute. Si vive più a lungo in Cina adesso e si va in pensione prima e i servizi sono scadenti.

Secondo, se sei cresciuto in Cina sotto l’influenza di una cultura [nome del partito omesso] dove la Cina era rappresentata come una società rivoluzionaria con dei valori universali e tutto ad un tratto l’intero paese si avvia verso il capitalismo, ti puoi ritrovare molto confuso. Ti chiedi chi sei e qual è la tua ideologia. Tutto questo ha portato ad una certa domanda di spiritualità. L’intero senso di essere una sola comunità si è frantumato e la gente vede attorno un’impressionante quantità di avidità, corruzione e disoccupazione. In tal modo Falun Gong e altri movimenti spirituali offrono qualcosa in cui credere e allo stesso tempo un gruppo cui appartenere.

Terzo, c’è un altro aspetto un po’ bizzarro. La gente pratica e sempre più gente lo fa. La pratica si diffonde perché è qualcosa che la gente sente sua.Il governo non deve approvarla e non fa riferimento alla tradizione della Rivoluzione Culturale. E’ piuttosto una responsabilità personale per migliorarti la vita. Questo per molta gente significa avere un’alternativa liberatoria.

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