LASTAMPA.it: Sull’incontro tra Xi e Obama la “bomba” dei diritti umani

A New York anteprima del film sulle persecuzioni del Falun Gong
 
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Ieri sera, proprio mentre Barack Obama e il nuovo presidente cinese Xi Jinping si stringevano la mano nel ranch californiano di Sunnylands, il Quad Cinema di New York apriva le porte per la prima di un film urticante. Titolo: «Free China». Argomento: la fuga di due membri del gruppo Falun Gong dai campi di lavori forzati, dove ai detenuti vengono prelevati gli organi per venderli a ricchi stranieri bisognosi di trapianti. La Casa Bianca non aveva nulla a che fare con questa coincidenza, ma lo schiaffo simbolico sulla faccia di Xi ricorda che la questione dei diritti umani non è dimenticata, nonostante gli interessi economici spingano le due nuove superpotenze a dialogare.

LASTAMPA.it - Esteri del 08-06-2013

Il progetto «Free China» era nato quando Kean Wong, il produttore, aveva incontrato Jennifer Zeng, la protagonista. Jennifer era un ex membro del Partito comunista cinese, e madre di una bambina, che si era avvicinata al Falun Gong. Perciò era stata arrestata, chiusa in un campo di lavoro e obbligata rinunciare alla sua fede. Wong l’aveva aiutata a ottenere asilo in Australia, dove Zeng aveva scritto un libro sul suo dramma. Poi Kean aveva incontrato il regista Michael Perlman, autore di «Tibet: Beyond Fear», e gli aveva raccontato la storia. Il film era diventato realtà, aggiungendoci l’odissea di Charles Lee, medico americano di origini cinesi, finito anche lui nei «Laogai» perché aveva cercato di trasmettere sulla tv ufficiale informazioni senza censura.

Li abbiamo incontrati tutti all’anteprima di «Free China», e non è stato un bello spettacolo per Xi. Si sono presentati con una petizione firmata dall’arcivescovo Desmond Tutu e dal dissidente Chen Guangcheng, in cui si avvertiva il nuovo presidente che «il sogno della Cina potrà essere realizzato solo quando i diritti umani dei suoi cittadini saranno rispettati». Jennifer ha raccontato le torture subite: «Il primo giorno di carcere ci tennero accovacciati sedici ore. E poi botte, umiliazioni. Quindi ci portarono in infermeria per esami medici approfonditi. Strano - pensai - prima ci menano e poi ci curano. In realtà i test servivano per i individuare i detenuti cui prelevare gli organi». Jennifer ha raccontato anche la vergogna di rinnegare i suoi amici: «Ho dovuto piegarmi, per tornare da mia figlia. Mi guardavano come una traditrice. Ricordo l’ultima sera prima di uscire, quando mi affidarono una ragazza diciannovenne da riconvertire. Mi venne da piangere, e dentro mi chiedevo: io esco, ma a cosa serve, se intanto giovani così restano dentro al mio posto per essere spezzate?».

All’inizio neanche la figlia voleva vederla: «Mentre ero in prigione le avevano spiegato che ero una cattiva mamma, perché appartenevo a una setta che uccideva i bambini. Quando tornai, mi lasciò un biglietto sul tavolo: è meglio - diceva - se lasci Falun Gong».

Il film parla di questo gruppo, dicendo che il Partito comunista ha iniziato a perseguitarlo quando si è reso conto che aveva più membri dei suoi iscritti. Però va oltre, come ha spiegato Perlman: «Non possiamo fare business con la Cina, mentre i diritti più basilari vengono violati. Vogliamo mettere pressione, a partire dalla petizione che potete firmare online». Wong ha spiegato che «l’Occidente è complice. Ad esempio, Cisco ha costruito il muro che isola internet in Cina. Ora possediamo la tecnologia per scavalcarlo, e stiamo creando la massa critica necessaria a portare l’informazione libera nella Repubblica Popolare. Se a questo si aggiungessero le pressioni dei governi, e delle aziende che fanno affari con Pechino, la frenata economica sommata alla circolazione delle idee potrebbe produrre un cambiamento epocale».

In sala c’era il capo di un’importante azienda di comunicazioni, che si è alzato in piedi: «Cisco ha fatto questo? Io ho un sacco di contratti con loro: la prossima volta che li vedo mi sentono».

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