In due ore di spettacolo intrecciato di danze, acrobazie, tamburi etnici, melodiose arie liriche e racconti mitologici, Shen Yun Chinese Spectacular vuole essere una cavalcata di colori e suoni attraverso le varie epoche storiche della Cina, con la non troppo celata affermazione - attraverso numeri di danza e storie che narrano di amore, guerra, sopruso e riscatto - che il passato, anche quello remoto della prospera e mitica dinastia Tang, è molto meglio del presente. Quest’ultimo è quello denunciato senza compromessi artistici sin dal secondo numero dello show, il brano lirico nel quale la soprano Min Jiang canta dei «cinquant’anni di menzogne che hanno edificato la Muraglia Rossa», dei «manigoldi» che hanno «macchiato la nostra gloriosa cultura».
La denuncia del regime di Pechino riaffiora in altri numeri di danza, dove guardie armate di manganello e con i simboli della falce e martello sulla divisa reprimono qualsiasi dissenso o dimostrazione di fede. Perché la fede è uno degli argomenti portanti di questo spettacolo, realizzato da parecchi esponenti del Falun Gong, divenuta celebre in occidente proprio per le repressione che subisce nella Cina popolare assieme ad altre religioni e filosofie come il cattolicesimo e il buddismo. Ciò che resta a uno spettatore occidentale di uno show come Shen Yun è, inevitabilmente, un’orgia di colori e di passioni umane e musicali, oltre a un istinto pedagogico quasi primitivo, forse naïf per il nostro gusto.
Fonte: http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=255363
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