Una praticante racconta le condizioni in un campo di lavoro forzato

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(Minghui.org) Quando ho letto il racconto di Julie Keith, una donna dell'Oregon che aveva acquistato una scatola di decorazioni di Halloween e aveva trovato all'interno una lettera da un detenuto e proveniente da un campo di lavoro cinese, mi sono commossa fino alle lacrime. Secondo la lettera, le decorazioni sono state fatte nella sezione 8, Divisione 2 del campo di lavoro forzato di Masanjia. La lettera ritrovata nella scatola diceva: "Se avete acquistato questo prodotto, vi prego di rispedire questa lettera all'Organizzazione mondiale per i diritti umani. Migliaia di persone qui, che sono perseguitate dal Partito Comunista Cinese, ti ringrazieranno e ti ricorderanno per sempre". Lo scrittore di questa lettera ha rischiato molto cercando di contattare il mondo esterno in questo modo, perché, se fosse stato scoperto, avrebbe potuto essere torturato o addirittura ucciso.

Sono stata detenuta nel campo di lavoro forzato femminile di Pechino nel 2001 per 18 mesi. Circa 1000 detenuti sono stati incarcerati lì, e la maggior parte di loro erano praticanti del Falun Gong che dovevano stare lì da uno a tre anni. Delle otto sezioni del campo di lavoro, solo una di loro aveva dei non praticanti. A questi detenuti era spesso richiesto di sorvegliare e picchiare i praticanti delle altre sette sezioni. Questo campo aveva una zona "intensiva", composta da 20 stanze in un unico piano, dove i praticanti venivano brutalmente torturati. Durante il giorno le finestre di queste stanze erano sempre coperte da tende o da trapunte, e si sentivano urla provenienti dall'interno.

Le guardie impostavano le ore di lavoro nel campo, spesso dalle 5 del mattino alle 11 di sera, a volte fino alle 2 del mattino del giorno successivo. I praticanti avevano a disposizione solo 10 minuti per mangiare ogni pasto e circa 5 minuti per lavarsi la mattina e la sera. L'uso del bagno era consentito solo due volte al giorno, una volta al mattino e di nuovo nel pomeriggio. Nessuno ha ricevuto alcun pagamento per il lavoro eseguito. Quando fui arrestata, le guardie confiscarono tutti i miei soldi, circa 2000 yuan, e non mi permisero di contattare la mia famiglia per sei mesi. In più non avevo vestiti per cambiarmi.

Dovevo mangiare, lavorare e dormire nella stessa cella. Il mio lavoro principale era quello di impacchettare bacchette di legno e di costruire ami da pesca. In primo luogo dovevamo inumidire i sacchetti di carta utilizzati per il confezionamento di ogni coppia di bacchette. Usavamo stracci, che venivano utilizzati anche per la pulizia delle camere, dei corridoi e dei servizi igienici, e quindi anche per inumidire i sacchetti. Le bacchette erano di solito ammucchiate sul pavimento, e quando ne avevamo troppe, le arrotolavamo nella biancheria da letto e le mettevamo da parte sulle assi del letto. Non avevamo la possibilità di lavarci le mani, anche dopo essere andati al bagno. I tossicodipendenti che ci controllavano a volte usavo le bacchette per pulirsi i denti o per pulirsi le dita dei piedi. Ognuna di queste bacchette è stata impacchettata come le altre. I sacchetti di carta ed altri contenitori in cui sono state confezionate erano tutti etichettati come "bacchette igienizzate". Alcune bacchette “deluxe” erano state realizzate con legno di alta qualità utilizzando un processo produttivo più raffinato. Erano messe in una carta speciale o in sacchetti di plastica che portavano il nome di un certo albergo o di un ristorante. Tuttavia, venivano accatastate anche loro sul pavimento, ed utilizzate anch'esse per prendere denti e per la pulizia delle dita dei piedi, e naturalmente, anche queste, sono state confezionate con le mani sporche.

Di solito avevamo una quota giornaliera che si basava sul confezionamento di circa 8.000 paia di bacchette, ed era difficile riuscirci. Se non completavi il lavoro entro la fine del turno, dovevi lavorare di più. Per finire i nostri pasti più velocemente e continuare a lavorare, mangiavamo nel posto dove lavoravamo e poi mettevamo le ciotole sul pavimento accanto a noi. L'intenso lavoro rendeva le nostre mani gonfie, sanguinanti e piene di calli. Dopo aver lavorato tutto il giorno, spesso avevamo difficoltà a raddrizzare le spalle.

Infilzare ami da pesca era un lavoro ancora più intenso. Usavamo esche da pesca, di colore rosso scuro e non più grande della punta di un bastoncino. Gli spiedi erano di un centimetro e mezzo di lunghezza. In primo luogo raccoglievamo piccoli anelli di gomma con qualche pinza, li mettevamo intorno all'esca e collegavamo gli anelli ai bastoni. Dovevamo completare 4 kg di cibo di pesce sottile o 5 kg di cibo di pesce normale al giorno. Quando la pelle delle mani si consumava, dovevamo fasciarle con del nastro dove c'erano le ferite, facevano veramente male, e poi continuavamo a lavorare.

Lavorare con gli ami da pesca estremamente anti-igienico e ha un odore pungente. Siccome il pesce e gli anelli in gomma erano di piccole dimensioni, spesso dovevamo tenerli vicini agli occhi per lavorare. Così la polvere andava negli occhi e nel naso e spesso causava sfoghi sulla pelle, che in genere erano ancora più accentuati in estate. Le mani erano spesso gonfie quando tagliavamo e preparavamo gli anelli di gomma. Soffrivamo di un dolore estremo, e alcune delle mani dei praticanti diventavano nodose.

Molti di noi che lavoravano nel campo non riuscivano a stare in piedi e avevano difficoltà a camminare. La stanchezza fisica e mentale era estrema. Molti di noi avevano tra i 50 e i 70 anni, eppure eravamo ancora costretti a subire i lavori forzati. Quando una praticante di 61 anni arrivò nella nostra cella, il suo viso sembrava viola. Potemmo vedere i suoi lividi, il suo naso gonfio, e riusciva a malapena ad aprire gli occhi. Aveva coaguli di sangue nei capelli e macchie di sangue sulle scarpe e sui vestiti. Era stata picchiata due settimane prima. Le faceva male la schiena, e aveva difficoltà a camminare ed a girarsi nel sonno. Nonostante la sua condizione, quando arrivò nella nostra cella fu costretta a fare lavori pesanti. Non ci era permesso parlare gli uni con gli altri. Se lo facevamo, ci picchiavano e ci colpivano con i bastoni elettrici.

Venni assegnata al centro di transizione della sezione, qui dovevamo produrre anche maglioni, guanti e cappelli di lana. Avevamo requisiti rigorosi su quanti punti dovevamo fare per centimetro. Chiunque faceva un errore doveva rifarlo. Cucimmo anche perline colorate e oggetti luccicanti per maglioni o gonne, che venivano poi esportati all'estero. Altri lavori includevano coltivare ortaggi, fare ornamenti, piegare carta, imballare prodotti sanitari per donne. Ogni sezione ha un lavoro diverso da fare, e non potevamo andare a dormire fino a quando il nostro lavoro non era stato fatto.

Versione inglese

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