Da Il Federalismo - 26 settembre 2005
C’è altro made in china. Ma le mani qui, non producono. Distruggono. Perseguitano. Imprigionano. Torturano.
Il comunismo non è caduto. Il comunismo fa ancora cadere.
Nel libero mercato asiatico, il prezzo che si paga per la libertà è la pelle.
Amnesty International lo riconosce. Lo ammette anche l’Onu nel rapporto dedicato alla persecuzione in Cina del Falun Gong. Fateci l’abitudine a questo nome. Non è una setta. Non sono terroristi. Non sono avversari politici. È semplicemente un movimento spirituale. Meditano pace, non vendetta, praticano – come recita il loro credo “laico” – Verità, Compassione, Tolleranza. Reati punibili fino alla morte. È come se i ragazzi dell’Acr dell’oratorio, usciti dal catechismo, finissero sotto i boia del partito di governo per aver cantato Simbolum. O come se gli scout, per aver ammirato il campeggiare sotto la luna, venissero perseguitati per idolatria alla natura. O i ciellini venissero incatenati e massacrati di botte per aver letto di don Giussani, che ne so, la scelta religiosa.
Scegliere, in Cina, non si può. Non dirlo grande produttore di tecnologia, di centri universitari dove l’Occidente spedisce i suoi figli migliori. Questa è la Cina che leggiamo e invidiamo.
Girato l’angolo, dalla porta di servizio, si apre l’inferno.
Prima di parlare di Cina, bisogna prendere coscienza che l’uomo non solo a Pechino non è libero di avere un sindacato che lo difenda dallo sfruttamento. L’uomo non è libero, punto. È massacrato.
E che gli affari commerciali che sottoscriviamo grondano sangue nella terra di aguzzini. La globalizzazione che sposta le merci e premia il “migliore”, vede vincere il peggiore. Perché il rispetto dei diritti umani non ha ancora dignità di dazio per garantire la soglia minima di diritti umani rispettati proporzionati all’import. Basta il profitto. Che crepino pure i cinesi “antirivoluzionari”. Sono affari interni. La diplomazia sa, la politica esprime solidarietà. Intanto, solo il gruppo del Falun Gong dal ’99 ad oggi (anno in cui è iniziata la persecuzione) ha registrato la morte di 2730 persone tra uomini e donne.
Sono svaniti nel nulla.
Se qualcuno ha ancora dubbi su cosa sia il comunismo nella Cina libero scambio si legga i Nove Commentari sul partito comunista cinese. Sono stati pubblicati dalla rivista The Epoch Times in Europa e Nord America e, per questo atto di coraggio, ha ricevuto nell’agosto scorso il primo premio dall’Associazione Giornalisti Asiatico-Americana nella categoria “Questioni Asiatico-Americane ondine”. Dal luglio scorso i commentari sono disponibili anche in lingua italiana (www10.epochtimes.com/9pingdownload/it/aly9ping_italy_all.doc).
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Ma cinquant’anni di regime comunista possono demolire 5,000 anni di storia….!
The Epoch Times scrive: «Noi crediamo che comprendendo la vera storia del Pcc, noi possiamo aiutare a prevenire che altre tragedie simili accadono ancora». Inizia così la presentazione dei Nove Commentari sul Partito Comunista Cinese: 1- Che cos’è il Partito Comunista Cinese; 2 – Gli inizi del Partito Comunista Cinese; 3 – La tirannia del Partito Comunista Cinese; 4 – Come il Partito Comunista Cinese è una forza contro l’universo; 5 – La collusione di Jiang Zemin con il Partito Comunista Cinese per perseguitare il Falun Gong; 6 – Come il Partito Comunista cinese ha distrutto la cultura tradizionale; 7 – La storia delle uccisioni del Partito Comunista Cinese; 8 – Perché il Partito Comunista Cinese è un culto malvagio; 9 – La natura senza scrupoli del Partito Comunista Cinese.
Il comunismo, per fortuna, non è eterno, e i cinesi sani lo sanno. The Epoch Times lo scrive con speranza: «Prima che il coperchio venga chiusa sopra la bara del PCC, desideriamo trasmettere un giudizio finale sui di esso e sul movimento comunista internazionale, una vergogna per l’umanità che dura da più di un secolo».
Le cifre fanno riflettere.
«Dando uno sguardo agli ultimi 160 anni di storia della Cina, quasi 100 milioni di persone sono morte di morte non naturale». The Epoch Times non va per sottile: ricorda i 20 milioni di vittime delle grandi purghe di Stalin e, nel sottolineare che il PCC nascendo come derivazione del fratello maggiore bolscevico, «ereditò naturalmente la volontà di uccidere». E si picchia duro: «Dal 1949 il numero delle morti provocate dalla violenza del PCC ha sorpassato quello provocato dalle guerre accadute dal 1027 al 1949».
E ancora: «Dalla sua venuta al potere il PCC ha impiegato menzogne nell’eliminazione dei contro-rivoluzionari, nella ‘cooperazione’ tra imprese pubbliche e private, nei movimenti anti-destra, nellall rivoluzione culturale, nel massacro di piazza Tiananmen e, più recentemente, nella persecuzione del Falun Gong».
Il fine è il potere per il potere attraverso il controllo della società. È così in tutte le dittature. Ma se «il regime nazista, la cui crudeltà eguagliava quelle del Partito comunista, concedeva ancora il diritto alla proprietà privata, i regimi comunisti hanno cancellato qualunque forma di organizzazione sociale (…). Se è un fatto naturale che si formino delle strutture sociali dal basso verso l’alto che permettano l’autodeterminazione dell’individuo o del gruppo, allora il regime comunista è intrinsecamente anti-naturale». E guai a controllare i bilanci del potere: «Il PCC estende il suo controllo ovunque ma nessuno ha mai potuto controllare i conti del PCC (…). I lavoratori cinesi vivono in povertà e di un lavoro ingrato. Devono mantenere i funzionari municipali come pure molti quadri comunisti». Lo chiamano boom economico. «Per questa ragione i lavoratori cinesi sono minacciati di disoccupazione. Il proprietario PCC ha continuato per molti anni a drenare fondi dalle loro fabbriche».
Ma il furto non è solo materiale. La libertà è il primo bene interiore sul quale si accanisce il regime: «L’espressione essenziale del genocidio praticato dal PCC è lo sterminio delle coscienze e del pensiero indipendente». Le parole tagliano come lame: «Quello del PCC è stato un processo di accumulazione del male. La storia del PCC si mostra esattamente la sua illegittimità. I cinesi non hanno scelto il PCC. Invece il PCC ha imposto il comunismo, questo spettro malvagio e straniero, ai cinesi, applicando quei tratti malvagi che ha ereditato dal partito comunista: malvagità, falsità, istigazione, scatenamento della feccia della società, spionaggio, rapine, scontri, eliminazioni e controllo».
In altre parole, la tirannia: «Un’altra atrocità commessa dal PCC è stata la brutale repressione delle religioni e la completa messa al bando di tutti i gruppi non governativi dopo la fondazione della Repubblica Popolare Cinese. Nel 1950 il PCC diede istruzioni ai governi locali di mettere al bando tutte le fedi religiose non ufficiali e le società segrete (…). I governi a vari livelli furono direttamente coinvolti per smantellare questi “gruppi superstiziosi” come le comunità cristiane, cattoliche, maoiste e buddiste».
Le cifre: statiche non complete parlano, secondo The Epoch Times, di almeno 3 milioni di credenti e di gruppi clandestini perseguitati. Ma un altro evento, nel passato prossimo, resta impresso nella memoria dei cinesi, ed è la cosiddetta Rivoluzione Culturale: nel 1966 si registrò una pesante ondata di violenze, così ricordate dallo scritto Qin Mu: «Fu veramente un disastro senza limiti: il PCC ne imprigionò a milioni (…), terminò la vita di altri milioni, distrusse famiglie, trasformò i figli in banditi e delinquenti, bruciò i libri, ridusse in polvere antichi monumenti e distrusse antichi luoghi di culto intellettuali. Stime al ribasso collocano il numero dei decessi per cause naturali in Cina durante la Rivoluzione culturale a 7,73 milioni».
Ma nel comunismo la storia si ripete. Siamo negli anni ’90. Da quando la Cina è diventata “riformata e aperta”, «Il Pcc si è sforzato di costruirsi un’immagine positiva e liberale presso la comunità internazionale. Tuttavia la persecuzione contro il Falun Gong che negli ultimi cinque anni è stata sanguinaria, irrazionale, estesa, veemente e brutale, ha permesso alla comunità internazionale, una volta di più, di vedere la vera faccia del PCC e di ciò che è diventato il più grande disonore nella storia del PCC per ciò che riguarda i diritti umani».
I Nove Commentari lo ribadiscono: «La storia dei movimenti comunisti internazionale è stata scritta col sangue di centinaia di milioni di persone. Quasi ogni Paese comunista attraversa un processo simile di repressione controrivoluzionaria, come nell’ex Unione Sovietica ad opera di Stalin. Milioni, o persino decine di milioni di persone innocenti sono state massacrate».
Innocenti come i praticanti del Falun Gong. «L’esercito e la polizia para-militare, entrambi controllati dal PCC, si sono impegnati direttamente nel rapimento e nell’arresto dei praticanti del Falun Gong. I mezzi di comunicazione in Cina hanno appoggiato il regime di Jiang nel diffondere bugie e nel diffamare il Falun Gong. Il sistema di sicurezza dello Stato è stato personalmente utilizzato da Jiang Zemin, per raccogliere e diffondere informazioni, fabbricare bugie, e falsificare notizie (…). Allo stesso tempo il sistema diplomatico ha diffuso menzogne tra la comunità internazionale e ha allettato governi stranieri, funzionari superiori e media internazionali, con incentivi politici ed economici, in modo da garantirsi il loro silenzio riguarda alla persecuzione del Falun Gong».
È difficile trovare parole per commentare il commentario là dove racconta e smonta il caso del presunto militante suicida per essersi dato fuoco, creando attorno al gruppo spirituale la nomea di terroristi. «L’episodio più deprecabile – si legge – fu il cosiddetto episodio dell’autoimmolazione, messo in scena nel gennaio 2001, diffuso in tutto il mondo dall’Agenzia di Stampa Xinhua ad una velocità senza precedenti. L’episodio è stato poi criticato da numerose organizzazioni internazionali, inclusa l’Agenzia di educazione e sviluppo internazionale delle Nazioni Unite a Ginevra, che hanno parlato apertamente di una messa in scena. Durante l’inchiesta, un membro dell’equipe ha ammesso che alcune delle riprese mostrate sulla CCTV erano state girate successivamente».
Anche lo strumento finanziario è una leva di terrore: «In più di cinque anni dall’inizio della repressione, centinaia di migliaia di praticanti del Falun Gong sono multati con somme che variano da migliaia di yuan a decine di migliaia di yuan nello sforzo di intimidirli e di causare loro gravi perdite finanziarie (…). A coloro che sono stati multati non è stata rilasciata alcuna ricevuta né alcun riferimento ad articoli di legge che giustificassero la sanzione. In Cina non esiste il giusto processo».
In Cina non esiste la democrazia. Ma quante Cine esistono? E con quale Cina parla la politica? Con quale Cina agisce e con quale forza agita la spada la politica per tagliare la testa al drago cannibale di uomini e di diritti?
Mi vergogno per chi non si vergogna. Serve un dazio al coraggio. Se di palle si vuol parlare, in questo periodo di diritti estesi a tutti per sesso, razza e gusti, dove sono gli attributi per fermare i pazzi criminali?
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