Blocco di internet in Cina

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(Clearwisdom.net) E’ nostra convinzione che quando la verità sulla persecuzione del Falun Gong in Cina sarà rivelata completamente, la persecuzione terminerà, perché il mondo semplicemente non la potrà più tollerare. Il fatto che i leader comunisti abbiano tentato in ogni modo di nascondere e coprire le loro azioni fin dal 1999 indica che anche loro pensano questo.

A questo proposito, presentiamo una serie di articoli scritti per denunciare in modo più completo e cronologico la persecuzione del Falun Gong in tutte le sue molteplici sfaccettature. Invitiamo i nostri lettori a rivedere con noi durante questi mesi gli articoli che documentano i crimini contro l’umanità commessi dal Partito Comunista Cinese negli undici anni in cui ha perseguitato il Falun Gong.

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L’esplosione di internet negli anni ’90 è stata salutata come una campana a morto da quei governi che contavano sul controllo dell’informazione per mantenere il loro potere. Molti credevano che, diversamente da giornali e televisione, la grande quantità di contenuti e di punti di ingresso dei dati avrebbe reso impossibile la censura di internet.

Ma i Partito Comunista Cinese, anche se con sempre meno successo, non solo è stato capace di impedire alla maggior parte dei motori di ricerca cinesi l’accesso ai contenuti indesiderati, è anche riuscito a trasformare internet – la forma di comunicazione di massa più libera e democratica, ancora da sviluppare – in una trappola per catturare coloro che si dedicano a “contenuti offensivi”, come i diritti umani. Pornografia e pettegolezzi sulle celebrità sono però facilmente accessibili.

In altre parole, l’internet cinese è stato trasformato in una rete della polizia (police-net). Quest’ultimo è proprio il nome di un prodotto che CISCO, una compagnia americana, ha sviluppato e venduto all’Ufficio per la Pubblica Sicurezza Cinese utile per catturare i praticanti del Falun Gong e i dissidenti politici. È parte dello Scudo D’Oro, il progetto multi miliardario della Pubblica Sicurezza cinese, disegnato per creare una rete digitale per il riconoscimento delle identità e la sorveglianza di internet (link: http://www.ichrdd.ca/english/commdoc/publications/globalization/goldenShieldEng.html#ToC8.)

Con la tecnologia Policenet, la sicurezza cinese può fermare chiunque per la strada, controllare la sua carta di identità con uno strumento portatile, conoscere le sue attività in internet degli ultimi 60 giorni – incluse le sue comunicazioni via email – e portarlo via.
(http://www.frontpagemag.com/Articles/Read.aspx?GUID={54D815C8-E25F-43AB-8CE3-C66F59C521D0}).).

CISCO e altre compagnie occidentali come Nortel, Intel, Yahoo e Google hanno fornito al Partito Comunista le armi per controllare e monitorare il cyberspazio. Mentre la telefonia fissa e la comunicazione con i cellulari non sono state mai sicure sotto il Partito Comunista, ora gli ordinari cittadini cinesi possono essere arrestati per aver visitato il sito web “sbagliato” o per aver espresso il loro pensiero in email “private”. ( http://www.frontpagemag.com/Articles/Read.aspx?GUID={54D815C8-E25F-43AB-8CE3-C66F59C521D0}).

Nel 2005 Yahoo! fornì alla sicurezza cinese informazioni che aiutarono il Partito Comunista a condannare il giornalista Shi Tao. Fu condannato a 10 anni di prigione per aver fatto trapelare un messaggio interno del Partito riguardante il 15° anniversario del Massacro di Pechino su un sito estero (http://www.rsf.org/article.php3?id_article=14884).

Centinaia, se non migliaia di praticanti del Falun Gong sono stati arrestati allo stesso modo per aver mandato all’estero informazioni che denunciavano la persecuzione che subiscono o per aver raccontato di questi fatti ad amici in email personali (un caso di esempio). La maggior parte dei resoconti di casi di persecuzione in Cina pubblicati su questo sito derivano da informatori che consapevolmente hanno corso un tale rischio.

Liberare l’internet cinese

La politica di controllo di internet attuata dal Partito, nel frattempo, è così pubblica che usa persino i personaggi dei cartoni animati vestiti da poliziotto e da poliziotta, come quelli chiamati Jingjing e Chacha (schermata)
Quando gli utenti di internet navigano i portali con base nella città di Shenzhen, Jingjing e Chacha appaiono, ponendo domande sull’ “uso salutare” di internet. Lo scopo di Jingjing e Chacha, secondo l’ufficiale dell’Ufficio della Pubblica Sicurezza di Shenzhen incaricato del progetto, è intimidire e incoraggiare l’auto-regolamentazione. ( http://chinadigitaltimes.net/2006/01/image_of_internet_police_jingjing_and_chacha_online_hon.php.)

La polizia di internet non conta però sull’auto-regolamentazione, comunque, perché i contenuti sensibili sono bloccati. Dei dieci siti internet più frequentemente bloccati in Cina, quattro riferiscono estesamente sul Falun Gong. Altri includono Voice of America e Radio Free Asia.

Secondo uno studio condotto dal Bekman Center for Internet and Society di Harvard le ricerche con la parola chiave Falun Gong sono anche tra le più strettamente bloccate dai filtri cinesi (rapporto del Berkman Center)

Poi il Partito colma il vuoto creato sostituendo le informazioni bloccate sul Falun Gong provenienti dall’esterno con la sua propaganda. Attacchi a questo gruppo scritti dall’Agenzia di Stampa ufficiale del Partito, Xinhua, si trovano spesso su Sina.com e su altri portali d’informazione popolari in Cina. Grazie alla complicità di Google, le pagine web che diffamano il Falun Gong compaiono per prime nelle ricerche condotte in Cina. ( http://www.rfa.org/english/china/2006/01/26/china_google/.)

Ma che dire di quegli utenti cinesi che vogliono accedere regolarmente a siti web del Falun Gong, di Amnesty International, di Freedom House, o anche del Washington Post e della CNN?

Hanno sempre più possibilità di aggirare il Grande Firewall. Un certo numero di ingegneri informatici all’estero sono stati in grado di fornire agli utenti della Cina continentale programmi che permettono loro di accedere a qualunque sito web senza poter essere controllati.

Bill Xia, di Dynaweb, Inc., ha ricevuto larghi riconoscimenti per il suo software “Dongtai”. Il programma permette ai navigatori di usare server proxy per aggirare la censura cinese e nasconde l’IP dell’utente alla polizia di internet. (http://www.infosecnews.org/hypermail/0602/11185.html)

I praticanti del Falun Gong hanno fondato il Global Internet Freedom Consortium per mettere in connessione una rete di tecnologie che possono essere usate per superare i controlli di internet e delle altre vie di comunicazione.

Anche se i programmi di Xia e degli altri sono stati efficaci per molti utenti cinesi e hanno permesso loro di evadere i controlli di internet, questi ingegneri informatici conducono una battaglia in salita per aggiornare costantemente i loro strumenti e riuscire a rispondere alle sfide poste dalla rete cinese della sorveglianza di internet, costantemente in evoluzione e ben finanziata.

Guerra cibernetica fuori dalla Cina

Nell’estate del 2007, attacchi ai computer del Pentagono e di diversi ministeri britannici sono risultati essere opera dell’Esercito di Liberazione del Popolo della Repubblica Popolare Cinese, e spyware cinesi sono stati trovati nel sistema informatico del governo tedesco. ( http://www.computing.co.uk/computing/news/2198053/chinese-spread-cyber-attacks.)

Il regime comunista cinese ha usato per anni simili strategie per cercare di tagliare le comunicazioni del Falun Gong e rubare informazioni. Ha cercato ripetutamente di penetrare e spegnere i siti web del Falun Gong all’estero e ha inviato virus ai computer dei praticanti del Falun Gong in giro per il mondo, un esempio delle dimensioni globali della persecuzione.
(links: http://www.stanford.edu/class/msande91si/www-spr04/readings/week5/cia_warns_of_attack.html, ( http://www.faluninfo.net/displayAnArticle.asp?ID=2340).

In un caso Jeremy Howard, del provider australiano Fastmail.fm, ha notato che qualcuno stava usando una tecnologia molto sofisticata per cercare di penetrare simultaneamente in sei account email privati. Tutti appartenevano a praticanti del Falun Gong. (http://www.abc.net.au/lateline/content/2005/s1397482.htm.)

Per maggiori informazioni:

Geoffrey Fowler, The Wall Street Journal “Chinese Internet censors face 'hacktivists' in U.S.” (link).

Ethan Gutmann, The Weekly Standard “Who Lost China’s Internet”? (link).

“Aiding the Policenet,” intervista con Ethan Gutmann (link)

Rapporto e studio sulla Cina del Harvard Berkman Center for Internet and Society (link)

Rapporto OpenNet Initiative sulla Cina (link)

The Global Online Freedom Act link)

Fonte: http://faluninfo.net/print/253/

Tradotto da: http://www.clearwisdom.net/html/articles/2010/7/15/118590.html

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