Amnesty International: Cina - La repressione del Falun Gong ed altre cosiddette “organizzazioni eretiche” (II)

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AI INDEX: ASA 17/011/2000 23 Marzo 2000
REPUBBLICA POPOLARE CINESE
(estratto) (II parte)

2. REPRESSIONE DELLE “ORGANIZZAZIONI ERETICHE”

2.1 Campagna e accuse del Governo contro il Falun Gong

Negli ultimi mesi, il Governo cinese ha dichiarato che ci sono circa 2 milioni di praticanti del Falun Gong in Cina. Da fonti del Falun Gong sarebbe invece emerso che, secondo alcune precedenti stime di Governo, i praticanti sarebbero stati tra i 70 ed i 100 milioni. Il Falun Gong è stato fondato nel 1992 da Li Hongzhi, ora residente negli Stati Uniti. I membri che aderiscono al movimento lo descrivono come un esercizio fisico, mentale e spirituale, basato sulle varie scuole del Buddismo e delle forme tradizionali di culto della persona, concentrate sulla pratica della meditazione e sugli esercizi di Qi Gong. Le sessioni di pratica sono spesso tenute da gruppi di praticanti in luoghi pubblici. Prima che fosse bandito, il Falun Gong aveva dei centri di formazione, siti di pratica e “referenti” in tutta la Cina, con praticanti provenienti da tutti i settori della società e quasi tutte le province cinesi. Tra le migliaia di praticanti detenuti negli ultimi mesi, la stragrande maggioranza erano operai o contadini, ma tra questi vi erano anche insegnanti e accademici, studenti universitari, editori, contabili, funzionari di polizia, ingegneri e molti altri professionisti. Tra i detenuti vi sono dei funzionari, per esempio un funzionario del Ministero delle Ferrovie, un ex funzionario del Ministero di Pubblica Sicurezza (polizia), un maggiore, andato in pensione di recente, dell’Esercito Popolare, ed un luogotenente in pensione dell’aeronautica militare.

Sembra che la repressione finale del Governo nei confronti del Falun Gong sia stata innescata dalla grande dimostrazione del 25 Aprile 1999 a Beijing, quando circa 10.000 presunti praticanti, provenienti da varie parti della Cina, erano rimasti pacificamente, dall’alba a notte inoltrata, al di fuori dello Zhongnanhai, residenza della leadership del Partito Comunista a Beijing. Secondo fonti del Falun Gong, la dimostrazione era stata organizzata per protestare contro gli incidenti dei mesi precedenti, nei quali i praticanti erano stati attaccati ripetutamente o catturati dalla polizia. La dimostrazione mirava a chiedere il riconoscimento ufficiale del Falun Gong ed un dialogo con il Governo. Per contro, le Autorità sostengono che le loro principali preoccupazioni erano causate dalla capacità del gruppo di mobilitare, passando inosservato, alti quantitativi di membri per condurre una pubblica manifestazione. Di conseguenza, dopo alcuni segnali contraddittori, avevano classificato il Falun Gong come “minaccia per la stabilità sociale e politica”.

Il Governo ha vietato il Falun Gong il 22 Luglio 1999, lanciando una massiccia campagna di propaganda per denunciarne la pratica e la motivazione dei rispettivi leader, in particolare Li Hongzhi. Da quel momento, le accuse rivolte al Gruppo sono state ripetutamente pubblicizzate dai media di stato e dai funzionari di governo. Ad una conferenza stampa, tenutasi il 4 Novembre 1999, per esempio, Ye Xiaowen, Direttore dell’Ufficio degli Affari Religiosi del Consiglio di Stato (Governo), ha dichiarato che “il falun Gong ha fatto il lavaggio del cervello e truffato [ingannato] i praticanti, causato più di 1.400 morti e minato la stabilità sociale e politica”. Sottolineando che il Falun Gong era una minaccia politica, aggiungeva: “qualunque minaccia agli individui ed alla società costituisce una minaccia per il Partito Comunista ed il Governo”.

Un’altra importante parte della campagna propagandistica del Governo è stata la pubblicazione delle dichiarazioni di persone identificate come ex praticanti del Falun Gong, che denunciano il movimento ed il suo leader, parlano del danno arrecato dal movimento alla società cinese e lodano il Governo per la sua ferma azione contro il movimento. Tali denunce, la cui autenticità non può essere verificata, sono una caratteristica peculiare delle campagne politiche lanciate periodicamente dalle Autorità cinesi. Le Autorità incoraggiano queste denunce promettendo che chi abbandona l’ “organizzazione eretica” e svolge un “attività degna di lode” non sarà punito.

In tuta la Cina, le autorità governative locali hanno anche portato avanti programmi di “studio ed educativi” per purificare le rispettive province dal Falun Gong. Tutto ciò può assumere la forma di lettura dei giornali, ascolto dei programmi radiofonici o visita dei quadri dirigenti agli abitanti dei villaggi ed ai contadini, per spiegare loro “in parole povere, il pericolo che il Falun Gong può provocare loro”. Vari rapporti indicano che le autorità si sono avvalse della detenzione, di multe, minacce ed altri mezzi per “persuadere” i praticanti a rinunciare alla propria fede nel Falun Gong ed alla pratica dello stesso.

Le accuse rivolte dal Governo ai praticanti del Falun Gong vanno dall’ “organizzazione di raduni illegali” alla “minaccia alla stabilità politica”. Queste accuse comprendono “l’occupazione forzata di parchi” l’organizzazione o la partecipazione a sit-in, riunioni o manifestazioni illegali, l’ostruzione delle “normali attività religiose”, la pubblicazione e la distribuzione “illegale” di libri, la “rivelazione di segreti di stato”, “il danno arrecato alla salute dell’individuo” o “l’aver causato morti con la propria filosofia”. Il Governo ha usato ampiamente soprattutto quest’ultima accusa per giustificare la repressione del gruppo. Secondo alcune informazioni pubblicate dal Governo, il Falun Gong ha ‘causato oltre 1.400 morti’, la maggior parte dei quali riguardante persone il cui decesso sarebbe stato causato da malattie e dal loro presunto rifiuto di sottoporsi a cure mediche, seguendo l’ideologia del Falun Gong. Nell’attuale clima di censura e repressione in Cina, questa dichiarazione non può essere verificata in maniera autonoma. Considerando la repressione politica del Governo e la massiccia campagna di propaganda contro il Falun Gong, l’imparzialità delle informazioni fornite dal Governo è dubbia. Inoltre, le informazioni pubblicate dal Governo lasciano aperti molti problemi essenziali. Non dimostrano, per esempio, alcun legame diretto tra le morti presunte ed i leader o gli organizzatori del Falun Gong. La responsabilità penale è stabilita caso per caso, ed individualmente, ai sensi della legge internazionale. Nel caso dei leader o organizzatori locali del Falun Gong, processati con l’accusa di “aver causato morti”, il Governo non ha fornito prove di un legame diretto tra le morti presunte e gli accusati. Né, tanto meno, il Governo ha dimostrato che gli imputati erano a conoscenza del fatto che la filosofia da loro promossa potesse causare delle morti. La prova di questo legame diretto e “conoscenza” è essenziale per stabilire la responsabilità penale, ma essa manca in questi casi.

Il Governo ha inoltre pubblicato questa ed altre accuse come ‘fatti’ prima di processare i membri leader del Falun Gong. In un contesto di repressione politica del movimento, il Governo ha istituito una presunzione di colpevolezza contro chi veniva processato. I documenti ufficiali pubblicati per la repressione, in sé, dimostrano che i procedimenti legali erano fin dall’inizio prevenuti nei confronti degli imputati. E ciò costituisce una violazione degli standard internazionali sotto molti punti di vista, in particolare il diritto dei detenuti ad essere dichiarati presunti innocenti fino a dimostrazione di colpevolezza attraverso un processo equo ed aperto da parte di un tribunale indipendente. Ciò contraddice anche le nuove disposizioni legislative introdotte in Cina nel 1996 per rendere il processo più equo.

Nonostante la repressione, molti praticanti del Falun Gong hanno continuato, individualmente o in gruppi, a tenere sessioni di pratica in pubblico, avvalendosi di una sorta di silente protesta contro il bando imposto sul movimento o l’incarcerazione dei praticanti. Alcune di queste proteste si sono svolte all’esterno di importanti sedi governative o in luoghi di significato politico, quale Piazza Tienanmen a Beijing. Vi hanno partecipato molte persone, compresi elevati quantitativi di anziani e donne, e sono state del tutto pacifiche. Il Governo ha dichiarato che queste sessioni erano “assemblee illegali” o riunioni di persone volte a “assediare…gli organi, le imprese e le istituzioni di Stato” e che sovvertono il “normale ordine sociale”.

Ad una conferenza stampa tenuta il 2 Dicembre 1999, Qian Xiaoqian, Direttore Generale dell’Ufficio Informazioni del Consiglio di Stato, ha citato i dati della polizia relativi ai praticanti del Falun Gong, secondo cui, tra il 20 Luglio ed il 30 Ottobre 1999, 35.792 persone avrebbero “tentato di partecipare a riunioni illegali in luoghi pubblici di Beijing ed era stato riferito loro di abbandonare la scena o erano stati portati via dalla stessa”. Insisteva quindi che “queste persone non sono state e non sono detenute”, nonostante informazioni provenienti da varie fonti indicano che molti di coloro che avevano partecipato a queste riunioni erano rimasti detenuti almeno per brevi periodi. Da allora, migliaia di altri individui sono detenuti in tutto il paese per aver pacificamente dimostrato contro la repressione. Molti sono stati condannati ai campi di lavoro forzato, senza alcun capo d’imputazione o senza aver subito un processo, per periodi fino a tre anni di detenzione ai fini “rieducativi attraverso il lavoro”. Altri sono stati ripetutamente detenuti dalla polizia, e multati, minacciati o licenziati. Molti detenuti hanno riferito di essere stati tenuti in cattive condizioni e nel mancato rispetto dei requisiti igienici, picchiati o altrimenti malmenati durante il periodo di detenzione.
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2.2. Altri gruppi – campagna “contro la superstizione” in corso:

Anche prima della repressione del Falun Gong, le Autorità avevano preso di mira molti altri gruppi ed individui nella campagna “contro la superstizione” in corso. I presunti leader o “membri chiave” di tali gruppi erano stati catturati, condannati senza processo alla rieducazione attraverso il lavoro o processati per una vasta gamma di reati penali. La portata della campagna è dimostrata dai rapporti della polizia, secondo i quali, nei 17 mesi precedenti il bando imposto sul Falun Gong, la polizia avrebbe “represso” 11.870 casi di “uso della superstizione di tipo medioevale per sovvertire l’ordine pubblico o confiscare la proprietà altrui”, arrestando 21.400 sospetti. .................
(da continuare)

Tradotto da: http://web.amnesty.org/library/index/ENGASA170112002

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