Ginevra, Svizzera: Discorso tenuto dal Giudice argentino Octavio Aráoz de Lamadrid ad un forum delle Nazioni Unite sui diritti umani in Cina, parte 1

Prima Parte
 
Facebook Logo LinkedIn Logo Twitter Logo Email Logo Pinterest Logo

(Clearwisdom.net) Questa è la prima di tre parti che presentano il testo integrale del discorso tenuto dal Giudice argentino Octavio Aráoz de Lamadrid al Forum delle Nazioni Unite sui diritti umani in Cina. Il discorso è stato presentato a Ginevra, Svizzera, nel marzo 2010

Antefatti

Il 12 dicembre 2005, durante la visita di Luo Gan, ex Segretario del Comitato per gli Affari Politici e Legislativi del Comitato Centrale del Partito comunista della Repubblica Popolare Cinese, Coordinatore dell'Ufficio per il Controllo del Falun Gong (Ufficio 610), in Argentina, l'Associazione della Falun Dafa locale ha presentato un’azione legale contro Luo Gan per tortura e genocidio dei praticanti del Falun Gong in Cina. Il caso è stato accettato dal giudice del Tribunale penale federale n. 9, del Dottor Octavio Aráoz de Lamadrid.

Dopo oltre 4 anni di indagini, tra cui un viaggio a New York per intervistare le vittime rifugiate, e raccogliendo la testimonianza di diverse vittime che sono andate in Argentina per testimoniare, il giudice è giunto alla conclusione che, a partire dall’anno 1999, su richiesta dell’allora Presidente della Repubblica popolare cinese, Jiang Zemin, è stato messo in moto un piano sistematico, totalmente organizzato ed elaborato per perseguitare il Falun Gong ed i suoi praticanti. Lo scopo era di forzare i praticanti a rinunciare al loro credo spirituale attraverso la tortura e l’omicidio, in modo da eliminare il Falun Gong.

Il 17 dicembre 2009, il giudice Araoz de Lamadrid ha stabilito che vi erano prove sufficienti perché dichiarasse gli indiziati dei crimini descritti come sospetti di essere autori di crimini contro l'umanità per quanto riguarda la persecuzione del Falun Gong in Cina.

Ha affermato che dovrebbero essere portati davanti a lui per fare una dichiarazione durante l'interrogatorio preliminare. A causa della gravità dei reati, ha emesso un ordine di cattura per portare in Argentina i due al fine di interrogarli. L'ordine di cattura doveva essere effettuato dal Dipartimento dell’Interpol della Polizia Federale argentina. Dopo che saranno portati in Argentina saranno messi in isolamento. Il giudice ha basato la sua decisione sul principio della giurisdizione universale.

Dal momento dell'inizio della causa, il governo cinese sta forzando il governo argentino perché chiuda il caso. Il 21 dicembre 2009, il giudice ha rassegnato le dimissioni per via delle pressioni politiche da parte del governo argentino. Ha detto in un'intervista che ha preferito dimettersi piuttosto che arrendersi e fare cose di cui se ne sarebbe pentito in seguito.

Nel marzo del 2010, il giudice de Lamadrid ha partecipato alla 13ª Seduta del Consiglio per i Diritti Umani dell'ONU per presentare il caso alla comunità internazionale. Il 17 marzo, ha tenuto un discorso al Forum per i Diritti Umani in Cina, organizzato dall’Associazione delle Nazioni Unite di San Diego.

Nella sua presentazione, il Dott. Aráoz de Lamadrid ha spiegato il diritto universale di accesso alla giustizia, dicendo che "Ogni vittima di un crimine descritto come ‘contro l'umanità’ ha il diritto di appellarsi alla giustizia in un tribunale di ogni paese (alle condizioni indicate) e di chiedere un’investigazione ed eventualmente una sanzione per gli autori di questi crimini".

Ha anche sollecitato che, “... il riconoscimento d'urgenza, la promozione e la tutela di tutti i diritti umani impone agli Stati d’impegnarsi al massimo grado in tutti i settori per conseguire questo obiettivo e per astenersi dal mettere gli interessi politici o economici come priorità.”

Ha sottolineato che lo sviluppo delle relazioni economiche con la Cina "devono essere accompagnate da un effettivo dialogo politico, e chiedere che il rispetto dei diritti umani sia parte integrante dei nuovi accordi che si stanno attualmente negoziando con la Cina.”

A seguire la prima parte del discorso del Giudice Octavio Aráoz de Lamadrid:

CONFERENZA del Dott. Octavio Aráoz de Lamadrid (Argentina)
CONSIGLIO PER I DIRITTI UMANI DELLE NAZIONI UNITE

Diritto universale di accesso alla giustizia (articoli 8, 10 e coerente con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, adottata e proclamata dalla Risoluzione 217 A-III dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 10 dicembre 1948).

Presentazione del Dott. Octavio Araoz de Lamadrid (Argentina)

Alla 13ª Seduta del Consiglio per i Diritti Umani, Ginevra, Svizzera (dal 1º al 26 marzo 2010)

In primo luogo, vorrei chiarire che questo documento non è, da ogni punto di vista, una dichiarazione in favore di un gruppo religioso, ma piuttosto uno studio tecnico su un problema attuale, integrato con alcune informazioni tratte dalle mie esperienze personali.

Non è neanche un argomento politico né una critica con un contenuto ideologico. Anche se le mie valutazioni provengono da un caso reale con due nazioni come protagoniste, possono essere applicate a qualsiasi paese del mondo. I diritti umani sono per tutti, in qualsiasi parte del mondo.

II) Persecuzione personale
Il mio nome è Octavio Aráoz de Lamadrid. Sono nato in Argentina 40 anni fa. Sono stato un avvocato penalista per oltre 15 anni. Ho studiato presso l'Università Cattolica d’Argentina ed il post laurea l’ho eseguito presso lo stesso istituto. Mi sono specializzato in diritto penale presso l'Università Austral dell'Argentina ed ho completato un Master in Diritto Penale e Scienza criminale presso le Università di Barcellona e Pompeu Fabra in Spagna.

Ho servito per oltre 20 anni nel sistema giudiziario del mio paese, 12 dei quali in qualità di funzionario alla Camera Nazionale d'appello in Cassazione (Corte d'appello territorialmente competente in tutto il paese).

Il 5 settembre 2005 sono stato eletto dal Consiglio Giuridico della Nazione per divenire un giudice federale incaricato di uno dei 12 tribunali federali con giurisdizione nella capitale federale della Repubblica (sede del governo), una posizione che ho mantenuto fino alle mie dimissioni , avvenute il 29 dicembre dello scorso anno (2009).

Come giudice federale, ho avuto l'opportunità d’intervenire in diversi processi dove il riconoscimento dei diritti fondamentali, in particolare quando il diritto all’identificazione (soppressione o sostituzione di identità e di appropriazione di neonati) era in gioco, ma ogni avvenimento riportava alla dittatura militare che governò il paese tra il 1976 e il 1983.

Questa elaborazione di processi per situazioni che sono accadute circa 30 anni fa, è il risultato dell'evoluzione della dottrina giuridica della Corte Suprema d’Argentina. Ciò si è verificato a fine 1995, quando un reato fu qualificato come crimine di genocidio"..... il fatto che essi avevano ucciso settantacinque ebrei che non erano prigionieri di guerra, non erano stati né assolti, né condannati ed a disposizione del Tribunale militare tedesco, e disponibili per la polizia tedesca, tra un gruppo di 335 assassinati..." a causa del massacro avvenuto il 24 marzo 1944 durante la Seconda Guerra Mondiale nelle Fosse Ardeatine, alla periferia di Roma, Italia. Inoltre, siccome il genocidio è stato riconosciuto come un crimine contro l'umanità, quindi non può mai perdere la sua validità, come indicato nei principi del diritto delle persone (ius cogens) del Diritto Internazionale, è divenuta possibile l'estradizione del criminale nazista di guerra e Capitano delle SS, Erich Priebke perché potesse essere processato in Italia (è stato condannato). (CSJN arresto del 02.11.1995 sul caso "Priebke, Erich s / richiesta di estradizione", n. 16.063/94)

Questa decisione, insieme ad altre del passato, che si dedicano alla inapplicabilità di tutte le norme interne che impediscono o ostacolano i processi per le violazioni dei diritti umani (per esempio le regole per l’amnistia e decorrenza dei termini), hanno attivato le indagini, l’azione penale e la condanna, come ho detto prima, di molti autori di questo tipo di reati per fatti avvenuti 30 anni fa.

Tuttavia, l'opportunità di un tribunale, almeno nel mio paese, di intervenire in fatti di attualità, in eventi che stanno accadendo oggi, è sia normale che comune. Mi riferisco, naturalmente, ai tribunali nazionali o locali, non ai tribunali internazionali.

In realtà, è raro che il potere giudiziario, essendo un potere essenzialmente "storico", perché risolve o agisce in relazione a eventi che si sono già verificati, intervenga in processi sulle violazioni dei diritti umani prodotti di recente e cerchi inoltre di impedire che tali violazioni si verifichino nuovamente in futuro.

Nel mio particolare caso, il 13 dicembre 2005, ho ricevuto al Tribunale federale che presiedevo, una denuncia formale, presentata dalla Sig.ra Liwei Fu di origine cinese, che risiede in Argentina ed è la presidente della locale Associazione Falun Dafa , contro il signor Luo Gan, ex Segretario del Comitato per gli Affari Politici e Legislativi del Comitato Centrale del Partito Comunista della Repubblica Popolare Cinese, Coordinatore dell'Ufficio per il controllo del Falun Gong (Ufficio 610), un’agenzia creata dall’allora Presidente Jiang Zemin allo specifico scopo di controllare e sradicare la pratica del Falun Gong.

La parte lesa ha chiesto l’arresto del signor Luo Gan, ai sensi dell'articolo 6, punto 1 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti (delibera 39/46 del 10 dicembre 1984)

La signora ha spiegato in modo esplicito le caratteristiche ed i principi spirituali e religiosi della pratica del Falun Gong o Falun Dafa, così come l’incremento di popolarità di questa pratica dal 1992 ed il gran numero di praticanti (stimati in circa 100 milioni di individui). Ha anche descritto in modo dettagliato e documentato i molteplici atti di persecuzione, arresti senza mandato, torture, privazioni illegali della libertà, trasferimenti forzati e promozione dell’odio tra il popolo cinese verso la pratica di questa disciplina religiosa.

C'erano anche le descrizioni dei diversi effetti derivanti da una persecuzione sistematica, come minacce, espropriazione della proprietà e detenzioni illegali forzate (senza alcuna tutela giuridica) detenzioni nei campi di lavoro in circostanze da considerarsi in schiavitù, negli ospedali psichiatrici e nelle prigioni, l'esecuzione di torture fisiche (ingestione di acidi, ustioni di ogni genere, sdradicamento delle unghie, scosse elettriche, ripetuti stupri o violenze di gruppo, aborti forzati, ecc.) e torture psicologiche (per esempio, attraverso tecniche di "lavaggio del cervello", sottoponendo le vittime per molte ore giornaliera a video "rieducativi" o privazioni del sonno per giorni), sparizioni, cremazioni, ecc....

I fatti che sono stati segnalati (sufficienti per avviare la causa) includevano rapporti di Amnesty International, della Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite del 2001, e della relazione annuale, sempre del 2001, sulla Libertà di Religione Internazionale del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, (che ha confermato la morte di oltre 200 praticanti, a seguito delle torture inflitte durante il loro arresto e la detenzione).

È stato infine affermato che "... Secondo i dati utilizzati dalla Coalizione per Indagare sulla Persecuzione del Falun Gong, fondata il 20 gennaio 2003 negli Stati Uniti, che è anche utilizzata non ufficialmente dallo stesso Governo cinese, il numero dei morti a causa di terribili torture potrebbe salire fino a quasi 50.000 persone ...".

Secondo le leggi applicabili, descrivendo i fatti come crimini di genocidio e tortura, la parte lesa ha presentato un'analisi delle normative internazionali come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite dell’11 dicembre 1946, la Convenzione sulla Prevenzione e la Punizione del Crimine di Genocidio del 9 Dicembre 1948, la Convenzione contro la tortura e altre pene crudeli, o trattamenti inumani o degradanti del 10 dicembre 1984, così come la legge cinese.

Considerando che la Cina non persegue i responsabili di violazioni dei diritti riconosciuti dalla legislazione internazionale, la parte lesa ha considerato la possibilità di perseguire attraverso la Corte Penale Internazionale, tuttavia, secondo il principio della retroattività, i reati non rientrano nel campo di applicabilità della Corte Penale Internazionale, in quanto risalgono a prima del luglio 2002, ed anche perché la Cina non ha accettato la sua giurisdizione. Un'altra ulteriore considerazione era la possibilità di presentare la denuncia al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma questo non avrebbe portato ad alcun risultato a causa del potere di veto della Repubblica Popolare Cinese in tale organizzazione.

In definitiva la parte lesa ha concluso "... che se la giurisdizione universale non sarà ammessa, saremmo di fronte da ciò che la comunità internazionale cerca di evitare ed ha evitato in ogni momento, cioè l'impunità."

Vale la pena ricordare qui, che mentre la Repubblica Popolare Cinese è uno degli Stati membri che ha partecipato alle delibere ed anche alla stesura finale dello Statuto della Corte Penale Internazionale, non ha mai approvato o ratificato il contenuto. Ecco perché sotto la dicitura del Trattato, la Cina è al di fuori della giurisdizione di tale organizzazione.

III) L'approccio al tema / L'ipotesi guida:

Inoltre, a causa della burocrazia nella procedura nell'ambito del diritto federale interno, l'arresto del signor Luo Gan non poteva essere realizzato nel territorio dell'Argentina.

Il caso ha sollevato una serie di questioni di grande importanza e significato, sia per il diritto interno che per il diritto internazionale, cioè:

1. È possibile perseguire penalmente individui che godono dell'immunità diplomatica o dell’immunità dalla giurisdizione per i crimini contro l'umanità?

2. È possibile e valido utilizzare il diritto universale di accesso alla giustizia per avviare in Argentina (o in qualsiasi altro paese), un’investigazione per atti commessi da un apparato di uno Stato Sovrano (in questo caso la Cina) all'interno del proprio territorio?

3. Com’è possibile indagare sui reati commessi in un altro paese quando non vi è alcuna possibilità di richiedere informazioni a quello stesso paese?

4. Qual è l'efficacia di tale processo?

La risposta generica a queste domande è racchiusa nel punto 3 del programma di questa 13ª Seduta del Consiglio dei Diritti Umani, che ci ha portato qui oggi: il riconoscimento d'urgenza, la promozione e la protezione di tutti i diritti umani, impone agli Stati l'esigenza di massimi sforzi in tutti i settori per conseguire questo obiettivo e per astenersi dal mettere gli interessi politici o economici come prioritari. In caso contrario, i diritti e le garanzie riconosciute universalmente da tutti gli esseri umani sono semplicemente trasformate in mere dichiarazioni, prive di contenuti e di efficacia: il Santissimo Papa Giovanni XXIII disse: "...quando si tratta di questo argomento, quando si ha a che fare con la dignità umana in generale e, in particolare, con la vita di un individuo, nulla può andare oltre, deve essere collocata al primo posto ..." (Lettera Enciclica "Mater et Magistra, 15 maggio 1961).
IV) Libertà di credo:

Senza trascurare la dichiarazione generica qui sopra, ed essendo particolarmente presente nella realtà, ho intenzione di dare una risposta concreta a ciascuna delle questioni sollevate.

Ma prima è necessario chiarire che per svolgere l'indagine, mi sono estraniato, ho isolato me stesso ed ho completamente ignorato qualsiasi considerazione relativa al "contenuto" del Falun Gong.

Ho volontariamente omesso ogni riferimento al credo, alla pratica o alla filosofia del movimento. E questo è il modo in cui ogni giudice, che deve intervenire in un processo di questo tipo, dovrebbe agire. Al fine di valutare se l'azione penale sia giusta o meno, non dovrei né valutare né esprimere se condivido o meno i postulati del Falun Gong, o se mi sembrano essere migliori o peggiori di altri.

Ogni individuo ha il diritto di scegliere e praticare la propria religione liberamente e non subire interferenze dai poteri dello Stato.

Tenendo conto di questo presupposto fondamentale, ed essendo stato sufficientemente determinato che la pratica del Falun Gong non dia alcuna prova di qualsiasi attività violenta o in conflitto con le più elementari regole di convivenza o in opposizione alla dignità della persona umana, l’inchiesta dell'autorità giudiziaria dovrebbe essere finalizzata alle prove delle persecuzioni e dei crimini provati e, come ho detto prima, senza alcun riferimento o valutazione della pratica religiosa.

La natura pacifica del Falun Gong, che vale la pena menzionare, è facile da stabilire quando, in primo luogo, si viene in contatto o si osservano le loro pratiche abituali e, in secondo luogo, quando ci si rende conto che il Governo della Repubblica Popolare Cinese basa la sua decisione di vietare e perseguitare i praticanti di questa disciplina con una semplice astratta affermazione e senza alcuna spiegazione del perché si ha a che fare con una "setta eretica" (ciò che è "sacrilego", che sbaglia in materia di "fede"). A questo proposito, è altamente indicativo leggere l'articolo 1 della Costituzione cinese (04/12/1982) che stabilisce che "La Repubblica Popolare di Cina è uno stato socialista sotto la sovranità democratica del popolo ... Il sistema socialista è la base del sistema della Repubblica...". Da ciò si può dedurre che la "religione" di Stato, ai sensi del preambolo di tale documento è "l’ideologia socialista di Marx e di Lenin" e, pertanto, in relazione a questo, il Falun Gong è considerato un’eresia.

Questo è assolutamente inaccettabile come giustificazione di una politica di Stato.

Per questa ragione, come ho detto, ho messo da parte ogni considerazione sul Falun Gong stesso e mi sono concentrato sul dare risposte alle domande di cui sopra.

... continua

Versione inglese:http://www.clearwisdom.net/html/articles/2010/4/4/115879.html

* * *

Facebook Logo LinkedIn Logo Twitter Logo Email Logo Pinterest Logo

Potete stampare e diffondere gli articoli ed i contenuti pubblicati su Clearharmony, ma per favore citate la fonte.