Mi chiamo Alfredo Fava sono un imprenditore italiano, nel 1995 ho fondato la Shanghai Famas, azienda ‘figlia’ della Famas di Biella, in Italia, specializzata nella produzione di tessuti tecnici.
È durato un’ora e mezzo il mio ultimo soggiorno in Cina, un’ora e mezzo passata in un ufficio dell’aeroporto di Shanghai con due poliziotti al fianco, prima di essere caricato su un aereo che mi ha riportato in patria: sei sulla ‘lista nera’, mi è stato detto.
Non ho potuto ritornare nella mia azienda né nella casa ove, fino a pochi mesi fa, vivevo con mia moglie cinese e con mio figlio di due anni.
Non mi hanno permesso di telefonare, non mi hanno spiegato il motivo: sei sulla lista nera, tutto qui.
L’azienda, che con grande fatica avevo fondato sei anni fa, un piccolo gioiello frutto di una joint venture fra la municipalità di Jinshan e la nostra piccola impresa italiana, cui, nel tempo si era aggiunto un socio tedesco, è rimasta decapitata, senza guida.
Eppure ero stato premiato pochi mesi fa, e solo poche settimane prima mi era stato chiesto di rappresentare le J.V con capitale estero, pronunciando un discorso ufficiale.
Io sono un praticante di Falun Gong, questo è il motivo per cui mi hanno impedito l’ingresso in Cina. Essere praticante è la colpa più grave di cui una persona possa macchiarsi in questo paese.
Ero giunto all’aeroporto, con il visto annuale, il permesso di residenza e di lavoro in tasca, avevo però lasciati a Biella moglie e figlio perché non corressero rischi, un presentimento! Stavo tornando in azienda dove mi sarei trattenuto, come sempre, per circa 8 settimane. C’era l’autista ad attendermi, la scena che ha intravisto per un attimo: io in mezzo a due agenti di polizia, che mi portavano via. È la scena che ha riferito a mia moglie, quando ha telefonato per parlare con me.
Nessuna altra notizia, e il dubbio che fossi stato arrestato, fino a quando un chiarimento non è arrivato prima dal Consolato italiano, cui ero riuscito a telefonare dall’aereo prima del decollo, poi dall’aereo in volo quando ho potuto chiamare l’Italia e tranquillizzare I miei famigliari.
Tutto questo è inammissibile: sono un cittadino italiano, non ho fatto nulla di male e in Cina dirigevo un’impresa. È pazzesco che, in un paese che dichiara di aprirsi all’Occidente e che sta per entrare nella Wto, esistano queste persecuzioni che ledono ogni principio di libertà individuale”.
Non ho mai accettato che l’interesse economico prevalesse sulla mia coscienza, non lo farò nemmeno ora.
Molti mi diranno che me la sono cercata! Non è vero. Io ho iniziato a praticare nel 1995, quando non solo era legale, era addirittura favorito.
Vi chiedo se sia giusto che un imprenditore debba rinunciare alla propria libertà di pensiero e di culto per poter fare il proprio lavoro.
Ho investito e contribuito al benessere di molte famiglie cinesi; cosa intendono fare le autorità riguardo al capitale investito?
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