Italia: Rassegna Stampa: Torture cinesi (Parte - 2)

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Parte 1 di questo articolo pubblicato a: http://it.clearharmony.net/articles/200511/1657.html

La repressione governativa sistematica della Falun Gong ha una data d’inizio precisa: il 20 luglio di cinque anni fa. Ma l’antefatto risale a pochi mesi prima, esattamente al 25 aprile del 1999, quando – come si legge sul sito del Falun Gong “oltre diecimila praticanti della Falun Dafa si riunirono a Pechino, in piazza Tienanmen, per protestare contro le violenze e le vessazioni inflitte ai praticanti del movimento da parte della polizia della città di Tianjin e anche per le restrizioni applicate alle pubblicazioni della Falun Gong”.

“Il raduno fu pacifico e ordinato. Dopo aver presentato il loro caso al primo ministro del Consiglio dello Stato, Zhu Rongji, i praticanti tornarono a casa tranquillamente. Questo evento evidentemente scioccò la leadership cinese, poiché non avevano previsto che così tante persone potessero riunirsi in così poco tempo nel cuore della capitale. Dopo i fatti di Piazza Tiananmen del 1989, non c’era mai stato un evento in cui così tante persone si fossero riunite per fare appello al governo. La reazione del governo a questo particolare incidente, fu veloce e brutale. Durante la notte del 19 luglio 1999, la polizia fece irruzione in casa di centinaia di praticanti e li portò nelle prigioni. Il giorno successivo, il 20 luglio, la Falun Gong fu dichiarata ufficialmente illegale in Cina. Da quel momento in poi, è iniziata una massiccia campagna governativa, con la finalità di reprimere e distruggere la Falun Gong”.

“I media gestiti dallo Stato cinese – si legge ancora sul sito del movimento, che in Cina non è visibile – hanno lavorato a tempo pieno per diffondere false notizie e anche i canali diplomatici in tutto il mondo sono stati coinvolti per la loro propaganda. Lo scopo era ed è quello di fuorviare il pubblico per coprire i gravi abusi commessi contro i praticanti della Falun Gong. Migliaia di praticanti sono stati privati della libertà, interrogati, torturati e a volte ‘rieducati’. Insomma, il governo cinese ha usato tutti i mezzi disponibili per terrorizzare e fare pressione sulle persone perché rinuncino al loro credo. Hanno messo la società e i nuclei famigliari gli uni contro gli altri, attraverso minacce e multe pesanti, migliaia di persone hanno perso il loro lavoro e la loro abitazione. La lista è molto lunga. Milioni di libri della Falun Gong e video-tape sono stati distrutti in pubblico. Gli accessi ai siti internet della Falun Dafa sono stati bloccati in Cina. A coloro che hanno documentato i casi di tortura e gli abusi subiti durante la detenzione sono state inflitte pesantissime condanne detentive con l’accusa di aver ‘rivelato segreti dello Stato’”.

“Ai praticanti - prosegue la nota ufficiale del movimento – è stata anche negata la possibilità di avvalersi di un legale per la propria difesa; hanno ricevuto condanne fino a 18 anni di prigione attraverso sentenze-show. Molte altre migliaia di persone sono state rinchiuse nei campi di lavoro senza alcuna sentenza. Peggio ancora, molti praticanti della Falun Dafa sono stati mandati nelle strutture psichiatriche e forzati all’assunzione di potenti droghe psicotrope che hanno causato loro seri danni. Questa tattica fu usata dall’Unione Sovietica durante la leadership di Stalin per indurre il pubblico a credere che le vittime fossero mentalmente insane, giustificandone così la reclusione. Alla data attuale ci sono più di 1009 casi documentati di praticanti in ottimo stato di salute, che hanno perso la vita durante la detenzione a causa delle torture subite. Durante questi mesi di violenze e torture, i praticanti della Falun Dafa hanno dimostrato una bontà e tolleranza incomparabili. Non c’è mai stato un singolo praticante che abbia risposto all’attacco o colpito fisicamente la polizia. Tutti hanno sempre usato solo i mezzi non-violenti, pacifici e legali per presentare i loro appelli”.

Per il Partito Comunista Cinese, la Falun Gong, nonostante la sua natura non-violenta e a-politica, rappresenta una minaccia enorme non tanto perché si tratta di un movimento religioso contrario all’ateismo di Stato, ma soprattutto perché rappresenta un fenomeno sociale numericamente imponente. Quindi una minaccia a quel monopolio che il Partito Comunista deve mantenere in termini di controllo sociale. Sembra che ormai il numero dei praticanti della Falun Gong, oltre settanta milioni come si diceva, abbia superato quello degli iscritti al Pcc. A parte le illazioni del governo di Pechino su un presunto sostegno straniero (leggi statunitense) alla Falun Gong, l’establishment comunista cinese mostra un timore irrazionale e paranoico per la Falun Gong perché la vive come plateale dimostrazione della sua perdita di influenza su una società, quella cinese, sempre più desiderosa di lasciarsi alle spalle il suo passato prossimo e di evadere da un presente pieno di incertezza trovando rifugio nel suo mai dimenticato passato remoto.

Fonte originale: http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idart=2243

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