Venerdì 28 giugno, presso la sede di via Torre Argentina, a Roma, e' stato presentato il rapporto 2002 di 'Nessuno tocchi Caino', intitolato ''La pena di morte nel mondo''.
Sono intervenuti Sergio d'Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino, Elisabetta Zamparutti, curatrice del Rapporto 2002, Marco Pannella, leader dei Radicali ed autore della prefazione al Rapporto, Mario Baccini, sottosegretario agli affari Esteri, Idris Sanneh, opinionista e la signora Jane Zhizhen Dai, praticante del Falun Gong.
Erping Zhang, portavoce volontario del Falun Gong, ha illustrato brevemente la situazione attuale della repressione in Cina e ha ringraziato Nessuno tocchi Caino “per averci chiamato a questa conferenza stampa, perché questo da l’opportunità a milioni di cinesi di dire liberamente la verità qui in Italia. Mentre in tutte le democrazie esiste la libertà di stampa, in Cina le voci di decine di milioni di praticanti del Falun Gong non possono farsi sentire sui media di stato.”
Alla conferenza stampa di presentazione del Rapporto 2002 c'era anche Idris Sanneh, il popolare opinionista e commentatore sportivo, ex ospite fisso della trasmissione televisiva 'Quelli che il calcio'. Idris ha raccontato di essere sempre stato un ''simpatizzante'' di 'Nessuno Tocchi Caino' e delle sue campagne contro la pena di morte. ''E' un dovere - ha aggiunto Idris - essere presenti, essere testimonial contro le varie ingiustizie. Per esempio quella contro il Falun Gong in Cina.”
In Cina la pena di morte ''si applica per reprimere movimenti spirituali'' e ''io e la mia famiglia siamo le vittime da anni di questa assurda repressione'': e' la testimonianza di Jane Zhizhen Dai (cittadina australiana di 38 anni, laureata in economia, una figlia di due anni) che e' intervenuta oggi alla presentazione del rapporto sulla pena di morte di 'Nessuno Tocchi Caino' per raccontare la sua storia.
Una storia di persecuzioni emblematica della Cina di oggi che parte il 20 luglio 1999 quando la sua famiglia inizio' ad essere perseguitata dal governo semplicemente perché praticante del Falun Gong.
Il marito, Mr Chengyong Chen, nato nel 1967, cittadino cinese, viveva a Haizhu, un distretto di Guangzhou city, nella provincia di Guangdong. Era un elettricista in una fabbrica di carta ma aveva perso il lavoro perché si era più volte recato a Pechino per manifestare a favore del Falun Gong. Nel novembre 2000, per evitare che gli facessero il lavaggio del cervello, non ha avuto altra scelta che andarsene da casa.
E’ stato detenuto per 15 giorni a Guangzhou city nel gennaio 2000 perchè appartenente al Falun Gong; nel luglio 2000 era stato preso dalla polizia e trattenuto per 3 settimane. Era stato detenuto anche a Pechino per un giorno per aver esposto una bandiera del Falun Gong in piazza Tiananmen il 31 dicembre 2000. La signora Jane Zhizhen Dai aveva perso i contatti con lui il 10 gennaio 2001.
Nel luglio 2001, il suo corpo è stato ritrovato abbandonato in un sobborgo di Guangzhou. Jane Zhizhen Dai ha appreso della morte del marito attraverso una notizia pubblicata sul sito del Falun Dafa.
E’ stata la cognata di Zhizhen Dai ad identificare il corpo e lo ha trovato in stato di decomposizione il che significa che la polizia ha aspettato prima di informare la famiglia dell’avvenuto decesso e quindi non si sa quando sia effettivamente morto.
Dopo questo fatto, la cognata, anche lei praticante del Falun Gong, è stata condannata senza processo a 2 anni di lavori forzati. Non le è stato concesso di partecipare ai funerali del padre né di vedere sua figlia di 9 anni quando era malata. Quando il suocero ha appreso la notizia della morte del figlio e della condanna di sua figlia ha subito uno shock ed è stato ricoverato in ospedale ed è da poco tempo deceduto.
Grazie all’aiuto del Governo australiano la signora ha potuto ottenere dalla Cina le ceneri del marito.
“Mio marito è morto solo perché era un praticante del Falun Gong”, racconta Jane. Nel suo corpo esile e nella sua voce tremante si materializza la persecuzione. Quella che da anni in Cina vivono tutti gli appartenenti al Falun Gong. Discriminati, arrestati, e in molti casi torturati finno alla morte.
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