Una sfida clandestina allo status quo della Cina

Mentre Obama pianifica la propria visita in Cina a novembre, egli dovrebbe prestare attenzione al movimento Tuidang. Esso dimostra che i cinesi comprendono diritti umani e libertà civili.
 
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WASHINTON – L’immagine della prima pagina dell’edizione del 27 settembre del quotidiano Jinzhou Evening era piuttosto insolita. In anticipo al 60° anniversario del dominio del Partito Comunista in Cina, presentava una strada con allineamenti di bandiere rosse sventolanti.

Uno slogan per dimettersi dal PCC appare nell’angolo in basso a sinistra nella foto in prima pagina dell’edizione di domenica del quotidiano Jinzhou Evening. (Fornita da un internauta cinese) *

Sarebbe stato quasi indistinguibile rispetto ad altri quotidiani cinesi gestiti dallo Stato quel giorno se non per un dettaglio importante. Nell’angolo in basso a sinistra della foto, scarabocchiati su una rastrelliera, c’erano otto minuscoli caratteri, ma chiaramente visibili: “Il Cielo elimina il Partito Comunista; dimettetevi da esso e sarete benedetti”.

Scritte simili che osano sfidare il mandato divino dei dominatori cinesi appaiono con regolarità in tutta la Cina, appese su striscioni nei parchi della città, pubblicate sui forum o scritte a mano sulle banconote. Sono tutte prove di un movimento che ha silenziosamente travolto la nazione. Chiamato Tuidang, che si traduce semplicemente come “dimettetevi dal partito”, il movimento incoraggia le persone ad annullare pubblicamente la propria iscrizione alle organizzazioni del Partito Comunista. Le implicazioni sono molteplici. Questa è la prima volta dagli anni ’80 che la Cina vede un movimento dissidente talmente ampio e organizzato – se non clandestino.

Il giorno dopo la circolazione dell’immagine, il quotidiano Jinzhou è stato sottoposto a indagini dal governo. Il suo sito è stato chiuso e il quotidiano è stato tolto dalla circolazione.

L’incidente rappresenta un’analogia adatta a raffigurare lo stato del Partito Comunista odierno. Sotto a trionfo e a potenza giacciono risentimento, malcontento e problemi. In 60 anni di dominio comunista, la Cina ha sopportato una turbolenza politica e sociale che ha lasciato profonde ferite psicologiche.

Ma nel clima totalitario del Paese, le persone hanno pochi posti in cui discutere apertamente della storia del proprio Paese o per fare pace con il ruolo da essi rivestitovi. Dal momento che la Cina non ha avuto la propria opportunità per dare spazio a verità e riconciliazione, i suoi cittadini trovano i loro modi per farlo.

Forse ciò spiega lo straordinario appello del movimento Tuidang, i cui organizzatori dicono che abbia più di 60 milioni di partecipanti. È iniziato alla fine del 2004, quando il quotidiano in lingua cinese DaJiYuan (Epoch Times), con sede a New York, ha messo in circolazione una serie di editoriali che espongono in dettaglio la storia del Partito Comunista in Cina. Hanno anche proclamato che il Paese non sarà veramente libero o prosperoso finché non si sbarazzerà del partito, il quale, sostiene il giornale, è in contrasto coi valori culturali e spirituali della Cina.

Milioni di copie degli articoli sono riuscite a raggiungere la Cina continentale attraverso e-mail, fax e stampe clandestine. Alcuni lettori cinesi dicono che gli articoli in fine hanno confermato ciò che sospettavano da sempre – sul Grande Balzo in Avanti, sul massacro di Piazza Tiananmen, sulla Rivoluzione Culturale. Ciò ha offerto riconoscimento del fatto che le loro memorie fossero reali e le loro sofferenze condivise.

Ma nonostante le apparenze, questo non è un movimento politico in senso convenzionale. Diversamente dal movimento studentesco del 1989 o il più recente programma politico Carta 2008 – i quali abbracciano il linguaggio della democrazia occidentale – il movimento Tuidang assume un linguaggio e un significato distintamente cinesi. Più confuciano che umanista, espone spesso i propri punti attingendo alla spiritualità buddista e taoista.

Denunciare il partito quindi non è un semplice attivismo politico, ma adotta un significato spirituale come processo di purificazione della coscienza; ricollega all’etica e ai valori tradizionali.

Nel dicembre 2004, un mese dopo la pubblicazione degli articoli da parte del quotidiano dissidente, i suoi editori hanno iniziato a ricevere delle dichiarazioni dai lettori che dichiaravano il proprio desiderio di disconoscere l’iscrizione al Partito Comunista, alla Lega Comunista Giovanile o ai Giovani Pionieri, alle volte dopo che la loro iscrizione fosse tecnicamente scaduta. Ad oggi, sono state mandate al giornale dichiarazioni rappresentanti circa 60 milioni di persone, che esso pubblica in una banca dati in rete.

L’autenticità delle dichiarazioni è impossibile da verificare indipendentemente. La maggior parte delle persone le firma usando pseudonimi per salvaguardare la propria sicurezza e non ci sono provvedimenti per prevenire pubblicazioni fraudolenti.

Ma non è il numero ad essere il punto centrale. A coloro che mandano le proprie dichiarazioni disconoscendo il partito, il sito offre un’originale piattaforma per dar sfogo a frustrazioni, per discutere idee, per condividere racconti di sofferenza o per trovare perdono.

Molti trasmettono storie di vittimizzazione sotto il Partito Comunista. Prendete, per esempio, Ding Weikun, un membro veterano del partito di 74 anni dalla provincia rurale dello Zhejiang. Nel 2003, il governo della sua città ha complottato con degli imprenditori privati per impossessarsi della terra dei contadini locali. I contadini hanno protestato, ha scritto Ding, e dei teppisti armati sono stati portati sul luogo per sopprimerli. “Ho testimoniato l’uccisione e il danno arrecato a dozzine di paesani, sulla scena”, ha affermato. L’anziano uomo ha provato a perseguire giustizia facendo appello al governo locale, ma è stato arrestato e condannato in prigione proprio dallo stesso partito che aveva servito per 40 anni.

Mentre alcuni scrivono delle sofferenze personali, altri parlano dei propri crimini. Per loro, dimettersi dal partito è quasi come cercare l’assoluzione.

“Ho sempre pensato di essere un uomo buono, ma guardando al mio passato capisco di essermi perso gradualmente”, ha scritto Xiao Shanbo, un ex membro del partito della provincia nordorientale cinese di Liaoning. “La mia mente e il mio cuore lentamente sono diventati corrotti. Dichiaro invalide tutte le mie parole e i miei atti che ho fatto in passato. Queste erano decisioni che ho preso per ignoranza dovuta alle menzogne e alla propaganda [del Partito Comunista]”.

Xiao Shanbo non specifica mai i propri crimini, ma conclude la pubblicazione con una richiesta di perdono: “Dio, per favore dammi questa opportunità! Ho sperimentato un periodo di ricerca dell’anima molto arduo e intendo cambiare i miei modi e correre ai ripari per ciò che ho fatto”.

Il Partito Comunista ha reagito al fenomeno con prevedibile disdegno. I termini legati al movimento sono tra i più vigorosamente censurati su internet in Cina e almeno 71 persone sono state imprigionate perché in possesso della letteratura del movimento o per aver propagato la sua diffusione. Ciò significa che, se trovato, l’attivista che ha compiuto gli atti di vandalismo contro la rastrelliera nella città di Jinzhou incorrerà in guai seri.

Il partito ha una buona ragione per essere ansioso. Per decenni, il proprio potere ha contato sull’abilità di censurare le informazioni, controllare la memoria pubblica e sopprimere idee dissenzienti. Le affermazioni dei partecipanti offrono un insolito sguardo e grande comprensione sulle fonti di malcontento in Cina.

Il movimento Tuidang mostra anche la maniera in cui il popolo cinese comprende diritti umani, libertà civili e democrazia, e come potrebbero riconciliare queste idee con una visione del mondo più tradizionale e confuciana. Potrebbe anche servire, forse, a fare da precursore a un altro movimento democratico.

Ma in un modo o nell’altro, il movimento sicuramente sfida la visione popolare per la quale la maggior parte dei cinesi sia soddisfatta dello status quo. Mentre Obama si prepara alla sua visita di novembre, è ragionevole considerare di occuparsi di più del popolo cinese e non solo del suo governo.

Oggi, visto che sempre più cinesi ricordano il proprio passato, potranno anche cambiare in bene il futuro della Cina.

Caylan Ford è una laureanda alla laurea per il master in affari internazionali alla George Washington University, dove studia politica cinese e sicurezza internazionale. Attualmente sta scrivendo una tesi sul dissenso organizzato in Cina. È anche analista volontaria al Falun Dafa Information Center ed era una scrittrice per il personale di Epoch Times fino al 2007.

[NdT: La versione originale non dà il nome in inglese del quotidiano o affiliati a cui ci si riferisce. Sono state inserite anche informazioni aggiuntive sull’autrice.]

Fonte: http://www.csmonitor.com/2009/1021/p09s01-coop.html

* Immagini da: http://www.theepochtimes.com/n2/content/view/23217/

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