Human Right Watch su Falun Gong: Meditazione Pericolosa

La campagna cinese contro il Falun Gong (III Parte)
 
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(Estratto) (III Parte)
Appendice II: LEGGI E NORME UTILIZZATE PER REPRIMERE IL FALUN GONG

La presente appendice fornisce una lista di leggi e normative comunemente usate dal Governo cinese nel proprio tentativo di sradicare il Falun Gong. Occorre tener presente che molte di queste leggi non sono state attuate per reprimere il Falun Gong, ma costituiscono parte integrante di un sistema più ampio di controllo sociale in Cina.

Normativa in materia di organizzazioni sociali

Quando il Ministero per gli Affari Civili bandì il Falun Gong il 22 Luglio 1999, lo stesso adduceva sei motivazioni per giustificare il suo gesto. Soltanto una era stata concepita minuziosamente: quella secondo cui il Falun Gong non era registrata “secondo la legge” come stabilito dalla “Normativa in materia di Registrazione e Gestione delle Organizzazioni Sociali” (di seguito denominate Normativa in materia di Organizzazioni Sociali). 85 Dopo aver dichiarato illegale il Falun Gong, il Ministero di Pubblica Sicurezza si trovò nella posizione di proibire una serie di attività che negava il diritto di libera associazione, espressione ed opinione e manifestazione della propria ideologia per i credenti del Falun Gong.

L’affermazione secondo la quale il Falun Gong era illegale, perché non era registrato, era falsa. Come già detto nel Capitolo II di cui sopra, all’inizio del 1996, il Falun Gong, o più precisamente la Società di Ricerca Falun Dafa, aveva tentato tre volte di registrarsi come organizzazione sociale, attraverso la Commissione Nazionale per gli Affari delle Minoranze, la Federazione Buddista Cinese ed il Dipartimento di Lavoro Fronte Unito. 86 Tutte le istanze di registrazione erano state negate.

Per essere accettato come organizzazione sociale, il Falun Gong avrebbe dovuto eludere un sistema di registrazione così contorto che il governo avrebbe potuto “legalmente” negare la registrazione per qualunque organizzazione a propria discrezione. L’Articolo 4 della Normativa in materia di Organizzazioni Sociali, in particolare le sue disposizioni finali, espone il problema di base: le organizzazioni sociali dovrebbero rispettare la Costituzione, le leggi, i regolamenti e la politica di Stato. Non possono opporsi ai principi sanciti dalla Costituzione, mettere in pericolo l’unità e la sicurezza dello Stato e l’unità nazionale, recare danno agli interessi dello Stato, gli interessi pubblici della società, i diritti legali ed i benefici di altre organizzazioni ed altri cittadini, né tanto meno andare contro l’etica ed i costumi sociali.

Questa Normativa viola i principi internazionalmente riconosciuti di libera associazione, dando ai funzionari di governo la massima autorità di decidere quali gruppi possono/non possono esistere. La stessa apre il varco alle repressioni politicamente motivate di gruppi impopolari o organizzazioni disapprovate dalla leadership cinese. L’uso da parte del Governo cinese di questa Normativa per mettere al bando il Falun Gong, illustra i difetti. In primo luogo, sebbene ci fossero stati dei reclami per alcune dottrine del Falun Gong, non fu fatta nessuna mossa per mettere al bando il gruppo, fino al momento successivo al raduno di massa ad Aprile 1999, quando l’organizzazione acquisì improvvisamente un profilo politico. In secondo luogo, le rivendicazioni fatte dal Governo cinese per giustificare la messa al bando, non si basavano sull’analisi rigorosa delle minacce effettive, quanto piuttosto su asserzioni e Interpretazioni infondate.

Quando il Falun Gong fu messo al bando, il Ministero degli Affari Civili citò due tipi di “prove” per giustificare il suo gesto: uno, il pericolo per la salute, la stabilità mentale ed il benessere economico (i costi di acquisto del materiale del Falun Gong) dei singoli praticanti; e l’altro i costi per l’intera società. Questi ultimi includevano presumibilmente l’abitudine del Falun Gong di “riunirsi illegalmente”, in modo tale da danneggiare seriamente la “produzione sociale, il lavoro e la vita quotidiana”, turbando allo stesso tempo l’ordine pubblico spargendo dicerie ed attraverso la distorsione dei fatti. Secondo un sotto-gruppo dell’Accademia Cinese di Scienze Sociali, l’ordine sociale comprende: “l’ordine nell’edificazione sociale attraverso la cultura [e] l’ordine nelle tradizioni sociali”, entrambi, asseriva lo stesso, gravemente violati dall’opinione di Hongzhi, secondo la quale la malattia può essere curata senza il ricorso alle cure mediche. 87.

La dichiarazione del Governo Cinese, secondo la quale il Falun Gong costituisce una minaccia per la salute dei praticanti, manca di una base sicura nei fatti. Per sostenere le proprie affermazioni, i funzionari cinesi avevano dichiarato che circa 1.600 appartenenti del Falun Gong erano deceduti per aver preso sul serio il consiglio di Li Hongzhi secondo il quale le persone malate avrebbero potuto riacquistare la salute senza ricorrere alle cure mediche. 88 Tuttavia i casi non sono stati mai documentati in maniera obiettiva e, anche se, in effetti, 1.600 praticanti morirono dopo aver rifiutato le cure mediche, l’ipotesi che uno qualunque di loro sarebbe sopravvissuto se avesse fatto altrimenti, richiederebbe una prova aggiuntiva, attualmente non fornita. Difetti simili caratterizzano le dichiarazioni del Governo cinese secondo le quali il Falun Gong provoca disturbi di carattere psicologico nei praticanti.

L’accusa dei funzionari di Governo cinesi, secondo cui la pratica del Falun Gong costituiva una minaccia all’ordine pubblico, mancava anche di una base nei fatti. Prima del divieto, l’abitudine del Falun Gong di riunirsi nei parchi pubblici era stata simile a quelle di altri gruppi praticanti. Gli esercizi erano conviviali, limitati e contenuti. Inoltre, prima e dopo la repressione, le proteste del Falun Gong erano state pacifiche, tranquille e disciplinate. Anche coloro che circondavano gli edifici di governo o le pubblicazioni sui mass media non interferiva con i regimi lavorativi. Furono l’insistenza del governo nel porre fine immediatamente alle dimostrazioni, e l’uso della forza da parte dell’Ufficio di Pubblica Sicurezza a trasformare molte proteste in problemi di ordine pubblico. Anche l’affermazione secondo la quale “la produzione sociale, il lavoro e la vita quotidiana” sarebbero stati turbati, è altrettanto falsa. Molti appartenenti del Falun Gong erano lavoratori licenziati o pensionati, che avevano molto tempo a disposizione per esercitarsi. Chi ancora lavorava poteva facilmente organizzare una sessione del Falun Gong la mattina presto oppure tardi durante la giornata. Per molte generazioni, i lavoratori cinesi si sono alzati presto o hanno prolungato la propria giornata per esercitarsi.

Diritto di riunione e norme attuative

I funzionari di Governo cinesi rilevarono immediatamente che la protesta del 25 Aprile a Zhongnanhai, che aveva assolutamente colto di sorpresa la città, era una prova diretta dell’inadempienza da parte del Falun Gong della legge cinese. I praticanti del Falun Gong, non tentarono di ottenere l’autorizzazione per la protesta del 25 Aprile né per tanti altri gesti pubblici. Il fatto che il Falun Gong non avesse chiesto l’autorizzazione, non è di difficile spiegazione: la legge conferisce alle autorità quasi lo sfrenato potere di rifiutarsi di concedere dette autorizzazioni, e le richieste sono negate giornalmente.

La "Legge della PRC sul diritto di riunione, corteo e dimostrazione” (di seguito denominata Legge sul diritto di Riunione) e le “Norme Attuative per la Legge sul diritto di riunione, corteo e dimostrazione della Repubblica Popolare Cinese” 89 sancisce che i gruppi chiedano l’autorizzazione della polizia prima di effettuare qualsiasi dimostrazione. Il permesso può essere negato qualora l’attività “violi gli interessi dello stato, della società e della collettività” o potrebbe “mettere in pericolo l’unità e la sovranità nazionale o l’integrità territoriale…ovvero vi siano ampie prove che dimostrano che la riunione, il corteo o la dimostrazione metterà direttamente a repentaglio la sicurezza pubblica o minerà gravemente l’ordine pubblico.”

Secondo la Legge sul diritto di riunione, la polizia può emettere un mandato di arresto o detenere i trasgressori fino a quindici giorni. Se la riunione illegale distrugge gravemente l’ordine pubblico, i responsabili sono passibili di pene di carattere amministrativo o penale ai sensi della “Normativa PRC in materia di Controllo dell’Ordine Pubblico e relativa Pena” (in appresso specificata) e del “Diritto Penale della PRC” (anch’esso in appresso specificato).

La normativa della città di Beijing, ivi compresi i “Regolamenti del Governo Popolare di Beijing in materia di luoghi ed aree circostanti, ove siano vietati raduni e dimostrazioni” e la “Comunicazione del Governo Popolare di Beijing” ribadiscono la Legge sul diritto di riunione proibendo specificamente i raduni in/intorno a Piazza Tienanmen previa autorizzazione da parte del Consiglio di Stato e del governo municipale. I regolamenti della città vietano inoltre la mostra o la distribuzione di “materiale propagandistico” nelle aree interessate. Il 24 Novembre 1999, il Ministero di Pubblica Sicurezza ha emanato nuove disposizioni, in materia di raduni pubblici, che vietavano riunioni di 200 o più persone per attività culturali e sportive di massa, quali concerti, raduni sportivi e sessioni pubbliche di esercizio, quali la pratica del quigong, senza esplicita autorizzazione da parte della polizia. 91

Regolamenti di Ordine Pubblico

Le Autorità cinesi hanno spesso citato i “Regolamenti della PRC in materia di Ordine Pubblico e relative pene” (di seguito denominati Regolamenti di Ordine Pubblico) contro i membri del Falun Gong. i regolamenti, anche se non facenti parte nel diritto penale, prevedono fino a quindici giorni di detenzione e multe fino a 200 yuan (circa U.S.$25).

La normativa in materia di ordine pubblico può essere applicata quando i “gesti che turbano l’ordine sociale, mettono in pericolo il governo o gli individui…non sono passibili di pena ai sensi del Diritto Penale della PRC”. Le Autorità hanno spesso utilizzato la normativa piuttosto che le disposizioni di diritto penale contro i praticanti gregari per dimostrare la propria “generosità” astenendosi, dunque, dall’alienarli permanentemente.

Diritto penale nella PRC

I membri del Falun Gong sono stati perseguiti ai sensi delle disposizioni di Diritto Penale in materia di ordine pubblico, salute, frode, riunione, organizzazione ed uso di culti, e “invenzione e diffusione di menzogne superstiziose per imbrogliare le persone”. 93 Alcuni di questi reati possono anche essere classificati come non-penali, che rientrano dunque nell’ambito dei procedimenti amministrativi come le Disposizioni di Ordine Pubblico di cui sopra, o la “Normativa dettagliata nell’amministrazione del lavoro ai fini rieducativi” (trattata nell’Appendice I), secondo la quale 10.000 praticanti sono stati condannati ai campi di rieducazione.

L’Articolo 300 di Diritto Penale Cinese sancisce il processo di chi “organizza ed utilizza le sette superstiziose…o saboti l’attuazione delle leggi dello stato o le norme esecutive utilizzando la superstizione”. 94 L’articolo rimanda ad altre disposizioni del codice penale che prevedono pene fino a, comprensive della pena di morte per le attività organizzate da sette. 95

Come descritto nel Capitolo III di cui sopra, l’8 e 9 Ottobre, la Corte Popolare Suprema cinese ed il Procuratorio Popolare Supremo emanarono le proprie “Interpretazioni…relative all’applicazione di leggi specifiche per gestire casi di organizzazione e uso delle sette eretiche ai sensi dell’Articolo 300, una lista chiaramente concepita per perseguire i praticanti del Falun Gong. La lista comprende:

- L’assedio agli organi di governo e l’intralcio alla loro attività;
- L’organizzazione di riunioni illegali;
- Il rifiuto di sciogliersi, quando veniva loro ordinato di fare ciò;
- La pubblicazione di materiale di culto;
- Il reclutamento di adepti a livello transregionale;
- La collaborazione con organizzazioni e persone d’oltremare;
- Aver causato morti e feriti;
- La diffusione eresie superstiziose;
- L’istigazione o costrizione di altri al suicidio o l’auto-mutilazione;
- Lo sfruttamento sessuale di donne e ragazze;
- L’estorsione di denaro e proprietà;
- La divisione del paese o il capovolgimento del sistema socialista e
- Altre attività che minano l’attuazione delle leggi dello stato o delle norme amministrative.

L’11 Giugno 2001, le direttive sulle modalità di applicazione del Diritto Penale alle “sette” furono portate avanti con la promulgazione di un documento dal titolo “Interpretazione II…sull’applicazione di leggi specifiche ai casi di organizzazione ed utilizzo delle sette eretiche per commettere crimini o reati” (di seguito denominata Interpretazione II). Le Autorità descrivevano il documento come risposta necessaria all’avvenimento di sacrificio umano in Piazza Tienanmen a Gennaio 2001 ed al cambiamento tattico del Falun Gong che ne seguì. 96 L’Interpretazione II tentava fondamentalmente di accertarsi , enumerando le attività, che nessuna attività del Falun Gong, indipendentemente dalla sua portata o dalla presunta innocuità, sfuggisse alla condanna. 97

Per esempio, l’Interpretazione II sancisce che “chi organizza, trama, istiga, incita e contribuisce al culto della persona per spingere gli altri al suicidio o all’autolesionismo, sia condannato e punito per omicidio intenzionale e l’intento a ferire”. Prevede inoltre che le persone coinvolte nei tentativi di sacrificio siano perseguiti per aver messo in pericolo alla pubblica sicurezza. L’Interpretazione II dichiara inoltre che, qualora piccole riunioni di membri di una setta bandita provochino disordini, si applicherà l’Articolo 300 del Diritto Penale. Se la riunione ha un carattere violento, è pertinente l’Articolo 277; se si violano segreti di stato, saranno invocati gli Articoli 111, 282 e 398. L’Interpretazione II sancisce inoltre le pene da applicare per la produzione e la diffusione di determinate quantità di “materiale propagandistico di culto” che inciti al separatismo o metta in pericolo la sicurezza nazionale”, specificando anche le pene da infiggere per attività di pubblicazione, stampa e distribuzione su piccola scala (vedi sotto).

In linea con gli sforzi del Governo cinese di separare gli “elementi di spicco” da coloro che potevano essere “rieducati”, l’Interpretazione II sanciva che i tribunali hanno la facoltà di applicare pene minori rispetto a quelle previste dal Diritto Penale.

Segreti di Stato e Leggi sulla sicurezza statale

Le classificazioni del Falun Gong come organizzazione coesiva in combutta con forze ostili sia a livello nazionale che internazionale permisero al Governo cinese di perseguire i praticanti ai sensi della “Legge della PRC sulla Protezione dei Segreti di Stato” e della “Legge per la Sicurezza dello Stato della Repubblica Popolare Cinese”. Rapporti ufficiali suggeriscono che le autorità hanno usato queste accuse quasi esclusivamente contro i praticanti del Falun Gong, aventi accesso ai documenti di governo, che avevano trasferito i documenti “rubati” attraverso un treno di praticanti ai destinatari al di fuori della Cina. A Dicembre 1999, per esempio, in uno dei primi casi di Falun Gong sottoposto a giudizio, quattro top leader, Li Chang, Wang Zhiwen, Ji Liewu e Yao Je, erano stati condannati a pene da sette a diciotto anni per aver in parte posseduto e fatto trapelare segreti di stato. Secondo i mass media ufficiali, dopo la scoperta di documenti top secret, segreti e riservati, relativi all’indagine di governo sul Falun Gong, da parte di Li, questi ed altri ne diffusero il contenuto ai praticanti del Movimento per incitarli a prendere parte in una dimostrazione di forza. 98 A metà Giugno 1999, un mese prima che il Falun Gong fosse messo al bando, Xu Xinmu, un manager dell’Ufficio per gli Affari e l’Amministrazione della Provincia di Hebei, aveva presumibilmente fatto trapelare documenti sulla presunta repressione governativa ai appartenenti nella capitale di provincia, pubblicandone almeno uno su Internet. 99 Zhe Yuefan, che lavorava nell’ufficio di revisione di Leshan, provincia di Sichuan, “aveva preso in prestito” una circolare e due appendici sulla stampa e la distribuzione del materiale in questione, relativo al Falun Gong. Il documento era diretto ad un Cinese-australiano che ne distribuì ampiamente il contenuto. Secondo una cronaca televisiva, “La perizia stabilì che la circolare è un documento classificato”. 100 Molti dei documenti comprendevano piani di governo di mosse imminenti di minaccia contro il Falun Gong.

L’Articolo 4 della Legge sulla Sicurezza dello Stato bandisce le azioni di organizzazioni ed individui in Cina, in collusione con/con il supporto di altre persone fuori del paese. Queste azioni comprendono “ordire trame per sovvertire il governo, smembrare lo stato e capovolgere il sistema socialista”, “il furto, le riunioni segrete, l’acquisto e la diffusione illegale di segreti di stato” ed il termine vago “altre attività di sabotaggio”. Le norme di attuazione, “Norme dettagliate per l’Attuazione della Legge sulla Sicurezza dello Stato nella PRC” elencano inoltre “l’invenzione o la distorsione dei fatti, la pubblicazione o la distribuzione di discorsi scritti o verbali o la produzione o la diffusione di prodotti audio e visivi che danneggiano la sicurezza dello Stato” e “il recare danno alla sicurezza dello Stato con l’istituzione di organizzazioni sociali”. 101 Ancora una volta, i termini vaghi di legge e norme di attuazione invitano ad un’applicazione politicamente motivata.

La Legge sui Segreti di Stato comincia con la vaga definizione dei segreti di Stato come “questioni che implicano la sicurezza dello Stato e gli interessi nazionali” (Articolo 2). 102 Anche se la legge specifica molte categorie di reati, quali la violazione della difesa nazionale, ovviamente legittime, le sue condizioni comprendono un linguaggio indefinito che potrebbe essere applicato ad una vasta gamma di materiale pubblico o materiale solitamente non classificato come segreti di stato, quali i “segreti dei partiti politici” (Articolo 8). L’Articolo 4 delle norme di attuazione, “Misure di attuazione della Legge PRC sulla Protezione dei Segreti di Stato”, per esempio, stabilisce che “il materiale, la cui diffusione produrrà una delle conseguenze sotto elencate, sarà classificato come segreti di Stato” e comprende categorie generiche di “risultati” quali il danno all’unità dello Stato, l’unità nazionale e la stabilità sociale. La portata della legge è specificata ulteriormente nell’Articolo 40 delle Norme di Attuazione che affidano l’interpretazione della legge ai dipartimenti per la gestione dei segreti di Stato (Articolo 40). 103. Si tratta di “organizzazioni funzionali del Consiglio di Stato” (“il massimo organo esecutivo del potere statale, oltre che il massimo organo di amministrazione statale) a livello di contea o più, con il compito di tutelare i segreti di Stato nei distretti amministrativi di loro competenza (Articolo 2).

I tribunali cinesi hanno accusato o condannato le persone per aver “fatto trapelare segreti di Stato”, anche quando le informazioni erano già note a milioni di persone. Alcuni esempi comprendono: l’invio all’estero di giornali locali già diffusi in Cina, la raccolta di informazioni dalle librerie di stato per utilizzarle nell’ambito della ricerca accademica, la pubblicazione di informazioni sulla corruzione ufficiale o addirittura l’aver sporto reclamo, per la corruzione locale, ai funzionari del governo centrale.

Leggi che regolano i Mass media elettronici e di stampa

Dall’inizio della repressione, i tribunali hanno comminato dure sentenze ai praticanti del Falun Gong impegnati nella pubblicazione, stampa, copia o distribuzione su vasta scala dei materiali del gruppo. A Giugno 2001, le autorità hanno fatto grande affidamento sui “Regolamenti di Amministrazione pubblica” del 1997, che sancivano rigidi requisiti di applicazione, registrazione, presentazione di piani annuali di pubblicazione e comprendevano requisiti di cronaca per tutte le eventuali case editrici. 104

L’Articolo 5 delle norme del 1997, utilizzate sia come base vietare la pubblicazione del materiale sul Falun Gong che per condannare i fornitori delle pubblicazioni, prevede il rispetto dei fondamenti costituzionali da parte degli editori e vieta di danneggiare lo stato e la società. L’Articolo 25 proibisce specificamente qualunque pubblicazione che promuove la superstizione, sovverte “l’etica sociale e le belle tradizioni culturali della nostra nazione”, o “calunnia” gli altri”, tutte accuse ripetutamente rivolte dai leader Cinesi contro le pubblicazioni del Falun Gong. Le norme sancivano una multa per gli esecutori, pari a più del doppio, ma meno di dieci volte tanto, “i guadagni percepiti in modo illegale”. L’Articolo 45 sancisce che, laddove le attività dell’editore costituiscono un reato, “la responsabilità penale sarà accertata secondo la legge”.

A metà 2001, con la chiusura effettiva della pubblicazione e distribuzione su vasta scala, la Corte Suprema ed il Procuratorio Supremo usarono l’Interpretazione II per controllare più da vicino il proliferare della copia e distribuzione su piccola scala di materiale propagandistico delle “sette eretiche”. In risposta alle attività del Falun Gong, quali il riempire le cassette postali, la pubblicazione dei nomi e numeri di telefono di funzionari delle forze di polizia e personale carcerario particolarmente brutali, e rivolgendosi soprattutto al Presidente Jiang per una critica nei propri volantini, l’Interpretazione II stabiliva che l’Articolo 300 e le sue sanzioni penali doveva essere applicata a tutti i casi che riguardavano la distribuzione di “oltre 300 copie di volantini, immagini, poster e giornali” o più di cento copie di libri. CD, cassette o videocassette sulle sette eretiche, la produzione e la distribuzione di un DVD, VCR o CD master, l’uso di siti Internet per la compilazione e la diffusione delle informazioni e le immagini pubblicitarie in luoghi pubblici, compresa l’affissione di slogan o la scritta con spray di slogan.”. 105

Norme sull’uso di Internet

I praticanti del Falun Gong hanno utilizzato ampiamente la posta elettronica ed Internet per sostenere il proprio movimento. Il Governo cinese ha replicato con una campagna aggressiva. Secondo i praticanti del Falun Gong, il Governo ha chiuso tutti i siti web in Cina quasi subito dopo la protesta di Aprile 1999 ed ha installato dei dispositivi di filtro per impedire l’accesso ai siti del Falun Gong all’estero. I praticanti fuori della Cina, che provvedevano alla manutenzione dei siti del Falun Gong, hanno riferito di essere stati sottoposti a ripetuti attacchi elettronici. 106 Ad Agosto 1999, il Governo aveva istituito e messo in funzione un sito web anti-Falun Gong. 107

A Ottobre 2000, e ripetutamente a Dicembre 2000, nuove serie di norme sull’uso di Internet bandivano esplicitamente l’uso di Internet per attività di “culto eretico”, anche se un regolamento, che risaliva a Dicembre 1997, sanciva già che “Nessuna unità o individuo può utilizzare Internet per creare, duplicare, recuperare o trasmettere…informazioni che promuovono la superstizione medioevale” (Articolo 5). 108 Quindi, il 26 Febbraio 2001, fu rilasciato un filtro per bloccare l’accesso ai siti del Falun Gong ed altri siti presumibilmente pericolosi. Il software, chiamato Internet Police 110, poteva essere usato con i computer domestici, nei centri computerizzati universitari e negli Internet caffé. Lo stesso era in grado di allertare gli amministratori Internet qualora si verificasse una navigazione illegale. 109 In precedenza, era stato riferito che agenti di sicurezza di stato avrebbero installato dei dispositivi di monitoraggio sui computer degli Internet Provider per rintracciare i singoli account di e-mail. 110

Negli ultimi anni, le Autorità cinesi hanno emanato oltre sessanta serie di norme che regolano l’uso di Internet. 111 Quattro norme sono particolarmente significative per i praticanti del Falun Gong. Le “Misure di gestione dei servizi informativi di Internet”, del 1° Ottobre 2000, contemplano il licenziamento o il resoconto dei servizi per una registrazione, limitano i tipi di contenuto che possono essere “prodotti, riprodotti, rilasciati, o diffusi”, compresa l’attività di culto; limita gli investimenti all’estero ed impone pesanti multe per i trasgressori. 112 Le “Norme in materia di telecomunicazione nella Repubblica Popolare Cinese”, che riguardano anche le organizzazioni e gli individui all’estero, vieta alle reti di telecomunicazione di produrre, duplicare, emettere o distribuire “materiale che mina la politica religiosa dello stato o promuove i culti e le superstizioni medioevali”, o che “diffonde dicerie, turba l’ordine sociale o mina la stabilità sociale”. 113

“Le Decisioni del Comitato Permanente del Congresso Nazional Popolare per la Salvaguardia della Sicurezza Internet”, promulgate il 28 Dicembre 2000, trattano la sovversione del potere di stato, il furto di segreti di stato e l’ “organizzazione di culti diabolici e prendere contatti con i membri di culto tramite Internet, per danneggiare l’attuazione della legge di stato e le leggi e disposizioni amministrative”. 114

Le “Norme sulla Rete informativa computerizzata e Sicurezza, protezione e gestione di Internet”, emanate dal Ministero di Pubblica Sicurezza a Dicembre 1997, vietavano a qualsiasi unità o individuo di utilizzare Internet per “creare, duplicare, recuperare o trasmettere” alcuni tipi di informazioni, compresa la distruzione dell’ordine sociale, la promozione della superstizione medioevale o l’impegno in “altre attività contrarie alla Costituzione, alle leggi o alle disposizioni amministrative”. Le norme impongono anche l’obbligo, per chi è impegnato in attività di Internet, di sottostare alla supervisione, all’ispezione ed alla guida da parte degli organi di pubblica sicurezza e contribuire alla scoperta ed alla gestione delle violazioni e delle attività criminali. In altri termini: le norme ritenevano i service provider responsabili dei siti visitati dai rispettivi clienti. 115

Oltre ai regolamenti di cui sopra, le nuove norme intitolate “Norme per la Protezione dei Segreti per i Sistemi Informativi Computerizzati ed Internet”, emanate dall’Ufficio per i Segreti di Stato, ed in vigore a partire dal 1° Gennaio 2001, regolano i flussi informativi tra sistemi computerizzati in Cina e quelli all’estero. Le severe restrizioni sanciscono che “qualsiasi informazione inerente ai segreti di stato, comprese le informazioni, la cui distribuzione sia stata approvata per i destinatari all’estero, non sarà memorizzata, elaborata o trasmessa tramite i sistemi computerizzati con accesso a Internet” (Articolo 7). 116

Considerata l’estrema vaghezza di applicazione del termine segreti di stato, ed il sospetto che lo stesso sia spesso applicato in seguito, la restrizione potrebbe riferirsi a tutte le informazioni che non hanno ricevuto l’approvazione ufficiale per la pubblicazione. L’Articolo 8 ritiene “definitivamente responsabile” chiunque diffonda le informazioni; ne consegue che le “informazioni fornite ai siti web devono sottostare a controlli di sicurezza ed un processo per l’approvazione”. L’articolo stabilisce inoltre che non solo “chi fornisce le informazioni, ma” “tutte le principali agenzie e ministeri governativi” siano soggetti a controlli di sicurezza ed un processo per l’approvazione. L’Articolo 10 estendeva le restrizioni alle “unità ed agli utenti che creano albi elettronici, chat room o news group in rete”. Anche l’utilizzo della posta elettronica è rimasto coinvolto. Il 1° Gennaio 2001, i trasgressori erano soggetti alla pena di morte. 117

Come già detto, i praticanti del Falun Gong in Cina corrono grossi rischi se fanno circolare le notizie in Cina ed inviano o ricevono messaggi da/all’estero. Molte, se non tutte le loro comunicazioni, sono soggette alle Norme per la Protezione della Sicurezza.

Meditazione Pericolosa
La campagna cinese contro il Falun Gong
Copyright © January 2002 by Human Rights Watch.
Tutti i diritti riservati
Stampato negli Stati Uniti d’America.
ISBN 1-56432-270-X
Libreria del Congresso Catalogo Carda Numero: 2002100348

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