Human Right Watch su Falun Gong: Meditazione Pericolosa

La campagna cinese contro il Falun Gong (II Parte)
 
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(estratto) (II Parte)
III. SFIDA E REPLICA: CRONOLOGIA
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Le autorità cinesi hanno inizialmente trattato il Falun Gong come un gruppo disordinato di devoti qigong stravaganti ma benevoli. La situazione è cambiata il 25 Aprile 1999, quando il Falun Gong ha mostrato la sua capacità di mobilizzare rapidamente consistenti gruppi di persone. Da tutti i rapporti emerge che oltre 10.000 praticanti, per la maggior parte di media età, si erano disposti in una colonna ordinata intorno ai due lati di Zhongnanhai, la cellula posta nel cuore di Beijing, dimora dei capi di governo cinesi. Avevano iniziato ad arrivare in gruppi, soprattutto dai distretti delle zone rurali, alle 3 di mattina. I giovani leader ritennero che era opportuno osservare una stretta disciplina. Per esempio, ai praticanti veniva vietato di parlare con gli stranieri o con i membri della stampa, di issare striscioni, di urlare slogan o distribuire opuscoli, oppure sparpagliarsi. Il pomeriggio tardi, i appartenenti si erano dispersi con la stessa rapidità e calma con la quale erano arrivati. Gli spettatori dissero che la polizia era stata tanto ordinata quanto i dimostranti.

Per quasi tre mesi, dopo la dimostrazione del 25 Aprile, la leadership cinese mantenne un sinistro silenzio. Ciò non significa che la repressione imminente fosse imprevista o che i leader del Falun Gong fossero impreparati. Il 28 Aprile, un funzionario di governo, intimando ai credenti di non ripetere la protesta del 25 Aprile, disse quanto segue in un’intervista rilasciata alla Xinhua, pubblicata sui giornali e trasmessa via etere: “Coloro che mettono in pericolo la stabilità sociale con il pretesto di praticare qualunque forma di “quigong” saranno trattati secondo la legge”. 29 Il 7 Maggio, furono fatti circolare dei rapporti secondo i quali il Presidente Jiang Zemin aveva definito il gruppo una grande minaccia, era stata istituita una task force di alto livello con i capi di Partito in carica, Hu Jintao e Luo Gan, ed era stata già presa la decisione di definire il Falun Gong organizzazione illegale. 30 A Giugno 1999, la sicurezza a Beijing era stata rafforzata. All’inizio del mese, la polizia aveva tenuto vari autobus carichi di praticanti in uno stadio locale per un giorno. 31 In seguito, a Giugno, circa 3.000 funzionari di polizia avevano eliminato i siti di pratica pubblico in Changan Avenue, la principale via di transito di Beijing, e giuravano che avrebbero eliminato tutti i siti di pratica degli esercizi in città. 32 Anche se i funzionari di Partito negarono i rapporti di un’imminente repressione, gli stessi avvertirono i leader del Falun Gong di smettere di diffondere voci destinate ad “indurre” i membri ad organizzare dimostrazioni. 33

La leadership cinese cominciò inoltre a preparare il pubblico in generale ed i membri di Partito gregari alla campagna imminente. Il 20 Giugno, il Renmin Ribao (People’s Daily), il giornale del Partito Comunista Cinese, lanciò una serie “teorica” che alludeva in modo sleale ai motivi che avevano indotto alla repressione. Senza far riferimento al Falun Gong, l’articolo iniziale discuteva la necessità di combattere la superstizione e la pseudo-scienza e di sostenere una scienza e tecnologia che comprendeva una visione del mondo, il Marxismo-Leninismo ed il materialismo, per raggiungere l’obiettivo di un rapido sviluppo e modernizzazione. 34 Altri commenti sottolineavano esplicitamente quanto fosse diventato pericoloso il Falun Gong. Mettevano in risalto il suo orientamento politico e la minaccia che lo stesso rappresentava per il potere del Partito Comunista Cinese, i rischi imposti alla stabilità nazionale e le spaventose conseguenze: presumibilmente 1.400 morti ed il racconto della resistenza di Li Hongzhi alla pratica medica. Gli articoli dichiaravano inoltre come i membri di Partito, i quadri, i funzionari di Pubblica Sicurezza e le autorità giudiziarie avrebbero dovuto comportarsi. Avrebbero dovuto mantenere la disciplina ed essere modelli culturali coerenti - un velato invito a non praticare il Falun Gong – e rispettare la legge nella “lotta” al Falun Gong, indipendentemente dalla resistenza che i praticanti avrebbero potuto opporre. 35

La replica del Falun Gong fu immediata e pubblica. Li Hongzhi definì la linea di condotta “Non ci occupiamo di politica e rispettiamo la legge del paese” – e, presagendo gli eventi futuri, i portavoce del Falun Gong protestarono strenuamente contro l’uso da parte del Governo dei termini “(parole omise diffamatorie)” e “(parola omisa diffamatoria)”. ........................

- 20 Luglio 1999: poco dopo mezzanotte, funzionari di pubblica sicurezza in tutta la Cina detenevano tranquillamente molti leader del Falun Gong. 40 Seguirono tre giorni di dimostrazioni massicce in circa trenta città. A Beijing ed altre città, la polizia detenne i protestanti negli stadi sportivi. 41

- 22 Luglio: il Ministero degli Affari Civili ed il Ministero di Pubblica Sicurezza collaborarono allo scioglimento del Falun Gong e della sua organizzazione d’origine, la Società di Ricerca Falun Dafa, alla lotta contro il propagarsi del Falun Gong in qualsiasi forma, ivi compresa la pratica degli esercizi in pubblico, ed al divieto, imposto a tutti, di turbare l’ordine sociale od affrontare il Governo. 42

- 23 Luglio: il Partito Comunista Cinese dichiarò che “l’incidente del Falun Gong [del 25 Aprile] era stato l’incidente politico più grave” dalle proteste del 1989 pro democrazia in Piazza Tienanmen. 43 Il Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese aveva vietato ai propri membri di praticare il Falun Gong, lanciando una campagna di studio, all’interno del Partito, per accertarsi che i quadri comprendessero la portata della minaccia del Falun Gong e quanto il suo sistema ideologico fosse incompatibile con il Marxismo. A questo seguiva il Ministero del Personale con un ordine simile, aggiungendo che “i funzionari di governo devono assumere una posizione netta nella lotta al…Falun Dafa”. 44 Il Partito Popolare per la Liberazione istruiva tutto il personale “per assumere il comando nell’eliminazione delle influenze del Falun Gong”. "45 I primi di Marzo, la Commissione Militare Centrale aveva già ordinato al proprio personale in carica, a quello in pensione, ed alle rispettive famiglie di prendere le distanze dal Falun Gong. 46

- 26 Luglio: la Stampa di Stato e la Pubblica Amministrazione, il Ministero di Pubblica Sicurezza, l’Amministrazione Statale per l’Industria ed il Commercio, l’Amministrazione doganale generale e l’Ufficio Generale del Gruppo dirigente di Stato per la lotta contro la pornografia, emisero una circolare congiunta per confiscare e distruggere tutte le pubblicazioni relative al Falun Gong, compresi “libri, immagini, prodotti audio-visivi e pubblicazioni elettroniche”, e indagare e punire “tutte le organizzazioni e individui che hanno pubblicato, stampato, copiato e distribuito” detti materiali. 47 L’Amministrazione doganale generale emise ordini d’intercettazione di tutto il materiale pervenuto a/proveniente dal Falun Gong. 48 Molti giorni dopo, compressori e distruggi-documenti a portata di mano, la campagna di distruzione del materiale del Falun Gong iniziò sul serio. Soltanto a Shanghai, 1.300 dipendenti di Governo si erano impegnati in una missione di ricerca e distruzione che portò alla confisca di 45.000 libri ed immagini, parte di un totale nazionale di due milioni a settimana. 49 membri del Falun Gong riferirono che i propri siti Internet d’oltremare avevano subito un attacco elettronico, tecnicamente noto come attacco di “negazione del servizio”. In altri casi, i siti erano stati sottoposti ad attacchi di pirateria oppure il funzionamento dei server era stato compromesso. Il Governo aveva contemporaneamente istituito i propri siti ufficiali per consentire il facile accesso degli utenti ai documenti di governo ed alle critiche relative alla “minaccia” del Falun Gong. 50

- 29 Luglio: il Ministero di Pubblica Sicurezza emise un mandato di arresto per Li Hongzhi adducendo la motivazione che lo stesso aveva “diffuso menzogne superstiziose e malvagie volte ad ingannare la gente e che avevano portato alla morte di molti praticanti” ed aveva “organizzato incontri, dimostrazioni ed altre attività per turbare l’ordine pubblico senza chiedere permessi secondo la legge…” 51 L’Interpol negava il proprio coinvolgimento sostenendo che non si occupava di casi politici o religiosi. 52

- 29 Luglio: l’Ufficio Municipale di Giustizia di Beijing emanò un comunicato che imponeva a tutte le società legali di chiedere l’approvazione per l’accettazione della domanda di consulenza e rappresentanza da parte dei praticanti del Falun Gong. La comunicazione sanciva che tutte le società dovevano notificare all’Ufficio di Gestione della legge, una sottodivisione dell’Ufficio di Giustizia, qualunque contatto relativo al Falun Gong, chiedendo la sua approvazione prima della stipula di un contratto. 53 Qualunque spiegazione legale data a chiunque chiedesse consulenza o altri servizi, doveva essere conforme all’intento delle direttive delle autorità centrali nei confronti del Falun Gong. Il comunicato di cui sopra viola i diritti umani ai sensi della legge internazionale di ricevere consulenza legale secondo la propria libera scelta. E’ inoltre in disaccordo con gli standard internazionali che chiedono a tutti i governi di far sì che i legali svolgano il proprio dovere professionale senza intimidire impedimento, molestia o interferenza inadeguata. 54

- 4 Agosto: il Ministero di Pubblica Sicurezza annunciava che avrebbe offerto una sostanziale ricompensa per l’arresto di Li Hongzhi, $50.000 renminbi (circa 6,250 U.S.$). Comunque, dal momento che la Cina e gli Stati Uniti non dispongono di un trattato di estradizione e che gli Stati Uniti avevano già rifiutato di prendere in considerazione la richiesta del ritorno di Li, l’annuncio era destinato ampiamente ad uso interno.

Da Luglio in poi, le proteste del Falun Gong furono contrastate dalle avanzate della polizia che mandò migliaia, se non addirittura decine di migliaia, di praticanti in servizi di prigionia e di espedienti da parte della polizia per una “rieducazione” a breve termine. Secondo il membro del Politburo, Li Lanqing, dal momento dell’ordine da parte del Ministero di Pubblica Sicurezza. Il 22 Luglio, alla fine di Ottobre, quando severi regolamenti sul “culto” vennero approvati, vi furono 35.792 occasioni in cui i appartenenti del movimento furono fermati dalla polizia e portati via o intimati a lasciare Beijing. È probabile che altri 55 siano rimasti vittima di una retata prima di raggiungere la capitale. 56

Da Agosto a Settembre 1999, il Governo escogitò una risoluta campagna di mass media ed editoriale per fornire “indizi” sui crimini commessi dal Falun Gong, giustificando così gli imminenti procedimenti “legali”, per convincere l’opinione pubblica a sostenere la repressione, promuovere la scienza e sradicare le ideologie superstiziose “nocive” tra la popolazione e purificare il Partito e tutti gli organi di sicurezza dai praticanti del Falun Gong. 57 Da quel momento, ai membri di queste unità è stato vietato di praticare il Falun Gong, partecipare alle attività organizzate dal Falun Gong, fornire siti per l’esercizio di dette attività, occupare qualsiasi posizione nell’organizzazione o diffonderne il materiale. 58

La campagna dei mass media metteva in evidenza uno sfogo di retorica da qualsiasi istituzione e strato sociale sulla “natura diabolica” del Falun Gong ed i suoi presunti sforzi di imbrogliare il pubblico. La Xinhua riferì che “centinaia di migliaia” di persone facenti parte del personale in pensione del Partito di Liberazione Popolare e della Polizia Popolare Armata avevano dichiarato la loro piena approvazione della linea seguita dal Partito Comunista Cinese nei confronti della questione del Falun Gong”. 59 E così fecero anche alcuni leader religiosi (compreso un Budda tibetano vivente), che dichiararono il proprio interesse per la protezione della libertà religiosa. 60 Esperti accademici nel campo della politica, filosofia, sociologia, istruzione, psicologia, scienza, giurisprudenza e medicina, contribuirono con la propria “opinione”. 61

Altri articoli pubblicati dalla Xinhua esortavano i lavoratori a “stare” in prima linea… [contro il Falun Gong] e chiedevano alle donne di sostenere la modernità ed alle organizzazioni femministe a “aiutare le donne a migliorare la propria qualità di vita ed assumere punti di vista giusti…[nei confronti del Falun Gong]”. 62 L’appello della Xinhua rifletteva il fatto che quasi la metà dei praticanti del Falun Gong sono donne. In Cina, si ritiene generalmente che le donne siano meno interessate alla scienza ed alla tecnologia ed è più probabile che portino avanti ideologie superstiziose tradizionali; sono inoltre viste come coloro che “svolgono” un ruolo insostituibile in ambito familiare”e che hanno il potenziale per trasmettere alle generazioni future il significato delle pratiche del Falun Gong.

La parte più importante della campagna dei mass media sono forse stati i rapporti di carattere “investigativo” nei racconti del Falun Gong delle proprie attività e dei motivi che hanno indotto a mostrare falsità ed intenti sovversivi da parte dei leader del Falun Gong medesimo. Questi racconti hanno fornito un motivo per un attacco legale all’organizzazione ed ai suoi praticanti. Uno di questi resoconti intendeva dimostrare che Li Hongzhi ed i suoi luogotenenti (successivamente condannati all’ergastolo) avevano meticolosamente orchestrato la protesta del 25 Aprile ai fini politici. Così facendo, dichiarava il rapporto, gli stessi avevano gravemente ed illegalmente turbato l’ordine sociale. 63 Un altro racconto analizzava, in modo analogo, quello che a parer suo era l’intento politico ed il pericolo per l’ordine sociale dietro le dimostrazioni del Falun Gong. 64 Un altro “dimostrava” l’esistenza di un’organizzazione strutturata secondo rigidi criteri gerarchici non registrata presso il Ministero degli Affari Civili e, dunque, illegale. 65

Altri racconti si dilungavano nel confutare le teorie di Li Hongzhi sulla “cura delle malattie e la salute”, definendole “gravi illazioni infondate dalle conclusioni assurde, assolutamente prive di scienza, verità, affidabilità e credibilità, al punto tale da essere mere assurdità”. 66 Fin dall’inizio della repressione, le autorità sottolinearono i pericoli che le teorie del Falun Gong rappresentavano per la salute pubblica, suggerendo che Li Hongzhi ed i suoi luogotenenti erano personalmente responsabili della morte dei praticanti che tenevano conto dei loro falsi consigli. 67 Quest’enfasi consentiva alle autorità cinesi di dichiarare l’assoluta legittimità per la propria intenzione di porre fine all’organizzazione e detenere i suoi elementi “chiave”. 68 Il testo del mandato di cattura nei confronti di Li iniziava così: “Li Hongzhi ha causato la morte di persone organizzando ed utilizzando la Società di Ricerca Falun Dafa e l’organizzazione del Falun Gong”. 69 Un commento dell’agenzia di stampa ufficiale cinese, sui processi intentati contro i leader, citava “l’uso delle organizzazioni di culto che hanno causato la morte di persone” come uno dei maggiori crimini. 70

A fine Agosto, il Partito Comunista Cinese ed il Consiglio di Stato emisero una circolare congiunta, nella quale si dichiarava che “la stragrande maggioranza dei praticanti del Falun Gong erano loro stessi vittime” da educare pazientemente, convertire e districare. Ai membri chiave che “davano un netto taglio ideologico” sarebbe stata risparmiata una rigida punizione. 71 Ci sarebbe voluto tuttavia un altro mese prima che il Governo completasse un quadro legale specificamente destinato a giustificare i procedimenti giudiziari intentati nei confronti degli organizzatori e proseliti del “culto”.

Nel frattempo, i leader del Falun Gong avevano organizzato un duplice approccio che, da un lato, implicava il dialogo con il governo in modo tale da risolvere pacificamente le questioni tra di loro e, dall’altro, dimostrava la capacità dell’organizzazione di persuadere i governi esteri e le organizzazioni non governative a criticare la repressione del Governo cinese. 72 L’esperienza fatta dai membri del Falun Gong con l’E-mail ed Internet consentì all’organizzazione di sottrarsi ai ripetuti tentativi da parte delle autorità cinesi di bloccare questo tipo di comunicazione e diffondere le informazioni su ciò che stava accadendo giorno dopo giorno e fuori dalla Cina. 73

Gli eventi culminarono ad Ottobre e Novembre 1999, circa tre mesi dopo gli arresti dei leader del Falun Gong ed i primi massicci raduni dei membri gregari. Nel giro di un mese, il Comitato Permanente del Congresso Nazionale Popolare (la legislatura) e l’ordinamento giudiziario intrapresero una serie di misure “legali” per perseguire più facilmente i presunti organizzatori ed utenti di culti per commettere dei crimini. Sebbene le autorità cinesi sostenessero che non vi era niente di extralegale nella repressione, le stesse applicarono le nuove disposizioni in modo retroattivo, violando gli standard internazionali di diritto penale ben consolidati sulla retroattività della legge. 74

Dapprima, l’8 e 9 Ottobre 1999, la Corte Popolare Suprema ed il Procuratorio Popolare Supremo avevano pubblicato “Interpretazioni…relative alle leggi applicabili per la gestione di casi di organizzazione ed utilizzo di organizzazioni di culto eretico per commettere crimini”. Il documento chiariva l’applicazione della legge penale in vigore ai casi di presunta organizzazione e presunto uso di organizzazioni di culto. Il documento definiva “culti eretici quelle organizzazioni illegali istituite sotto la maschera della religione, qigong od altre forme, che divinizzano i rispettivi membri alla guida, che ammaliano ed ingannano altri individui escogitando e diffondendo menzogne superstiziose, che reclutano e controllano i propri membri e mettono in pericolo la società”. Le “Interpretazioni” sono state rese pubbliche alla fine di Ottobre. 75

Il 27 Ottobre, un articolo del People’s Daily concludeva che non vi erano prove sufficienti che suffragavano il fatto che il Falun Gong era un vero culto soggetto, dunque, alle “Interpretazioni” precedentemente pubblicate. Le accuse contemplavano anche la disponibilità dei membri al sacrificio in nome del proprio leader, la loro stretta osservanza della sua volontà, la struttura gerarchica instabile, un sistema di controllo mentale ed idee eretiche e fautrici della salvezza dell’anima. 76 L’articolo concludeva: “Il Partito Comunista Cinese, preoccupato soprattutto del benessere del suo popolo, sarà estremamente rigoroso nel bandire i culti”.

Il 30 Ottobre, il Comitato Permanente del Congresso Nazionale Popolare “Decise…di mettere al bando le Organizzazioni di Culto Eretiche e bandire e punire le attività di culto”. 77 Il Governo, che aveva pubblicamente dimostrato, nell’articolo apparso sul People’s Daily tre giorni prima, che il Falun Gong era effettivamente un vero e proprio culto eretico, poteva ora bandirlo soltanto per quel motivo e non semplicemente perché non era riconosciuto legalmente, motivo inizialmente addotto e dichiarato dal Governo il 22 Luglio, quando aveva bandito l’organizzazione per la prima volta.

Infine, il 5 Novembre, la Corte Suprema completava il processo con una circolare che forniva istruzioni ai tribunali popolari su come processare i reati penali legati ai culti. 78 Una settimana dopo, ci furono i primi processi ad Haikou (provincia di Hainan), presso il Tribunale Popolare Intermedio. 79

Anche prima che l’infrastruttura “legale” fosse completata, le autorità giudiziarie avevano preparato delle accuse contro quattro principali leader del Falun Gong. anche se la notizia non fu data fino al giorno successivo alla “Decisione” del Comitato Permanente del 30 Ottobre, i leader erano stati formalmente accusati il 19 Ottobre di reati che andavano dall’organizzazione di un culto al “furto ed al possesso e la diffusione illegale di segreti di stato” e “l’esercizio di attività illegali”. 80 Il 22 Novembre, secondo il Direttore Generale dell’Ufficio Informazioni del Consiglio di Stato, almeno 150 persone erano detenute o ricercate per reati simili; il 28 Novembre, quarantaquattro persone erano state incriminate. Le accuse comprendevano l’aver causato la morte di alcuni membri, aver turbato l’ordine pubblico, aver utilizzato un culto per sabotare la legge ed aver fornito servizi medici non autorizzati. 81

I sostenitori del Falun Gong non rimasero in silenzio. Il 25 Ottobre, i praticanti organizzarono proteste ardite in Piazza Tienanmen – migliaia si erano furtivamente infiltrati a Beijing – riuscendo a catturare l’attenzione internazionale e sottolineando gli abusi da parte delle forze di polizia. 82 Ma le proteste non servirono a condurre le parti al tavolo delle trattative od imporre il ritiro dell’etichetta di “culto diabolico”. Il 26 Dicembre 1999, mentre i raduni continuavano e le proteste diminuivano, almeno per una volta, la leadership cinese inviò il suo messaggio più chiaro che fissava la condanna di quattro organizzatori del Falun Gong da parte del Tribunale Popolare Intermdedio N° 1 di Beijing. Due dei quattro, membri del Partito Comunista Cinese, furono condannati a sedici e diciotto anni di prigione per “aver organizzato ed usato l’organizzazione di culto per minare l’attuazione delle leggi, aver causato la morte di altri esseri umani, aver organizzato ed utilizzato l’organizzazione di culto ed aver fatto trapelare segreti di stato”. 83 La polizia rispose all’immediata ripresa di proteste pacifiche interrogando e detenendo varie dozzine di praticanti, in alcuni casi trascinandoli fuori da Piazza Tienanmen. 84

Nel 2000, ogni misura adottata dalle autorità cinesi per interrompere le attività del Falun Gong e punire i leader, fu contrastata da contromisure attentamente orchestrate. Le regolari dichiarazioni da parte del Governo cinese di aver vinto la guerra suonavano false di fronte al successo ottenuto dal Falun Gong nel sollevare la condanna internazionale della repressione. 85 Riuscì a raggiungere l’obiettivo in parte attraverso le continue proteste in Piazza Tienanmen, attraverso una sofisticata strategia mediatica ed in parte esercitando una forte pressione sui governi occidentali.

Secondo i mass media ufficiali cinesi, le tranquille proteste persistenti, condotte da piccoli gruppi o singoli praticanti a Beijing, a Dicembre 2000, erano riuscite a coinvolgere centinaia di dimostranti ogni giorno. In festività quali il 1° Ottobre 2000 (Giornata Nazionale), la Vigilia del Nuovo Anno, il Nuovo Anno cinese, o giorni particolarmente significativi per il Falun Gong, i partecipanti comprendevano 1000 e oltre 87 membri del Falun Gong, molti dei quali donne di media età, che si erano andati a cercare la detenzione spiegando striscioni o meditando. Nel giro di pochi minuti, la polizia li aveva spinti in cellulari di servizio, colpendoli, prendendoli a pugni e trascinandoli per i vestiti o capelli e buttandoli a terra se non facevano in fretta o se tentavano di andarsene. Gli organizzatori del Falun Gong pensarono che i mass media internazionali erano presenti e potessero dunque testimoniare la giustapposizione tra protesta pacifica e replica violenta, attirando l’attenzione sui dettagli degli arresti formali, delle detenzioni e delle morti sospette in prigione. I portavoce del Falun Gong diedero dei segnali d’allarme per i mass media: le informazioni furono inviate nei vari siti web del Falun Gong d’oltremare ed i giornalisti furono messi al corrente delle dimostrazioni programmate.

La repressione cinese delle dimostrazioni del Falun Gong, in Piazza Tienanmen ed ovunque, ha violato il diritto di libertà di riunione ai sensi dell’Articolo 21 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR). La libertà di riunione è stata descritta come “particolare forma istituzionalizzata di libertà di espressione”. 88 Durante le loro riunioni, i praticanti del Falun Gong non facevano altro che eseguire in silenzio i propri esercizi rallentati, sollevare striscioni o distribuire volantini. Nell’impeto di ripulire le aree pubbliche dai dimostranti il più rapidamente possibile, le forze di pubblica sicurezza non esitarono a far uso della violenza. Questo uso della forza, volto ad interrompere le riunioni del Falun Gong, è una chiara interferenza dello stato nei diritti di libertà di riunione ed espressione.

Ai sensi dell’ICCPR, il diritto di pacifica riunione può essere limitato “nell’interesse della sicurezza nazionale o per motivi di pubblica sicurezza (ordine pubblico), per la protezione della salute o morale pubbliche o la protezione dei diritti e della libertà altrui”. La Cina ha asserito che le sue azioni rivolte contro il Falun Gong rispondevano a questi criteri. Tuttavia, questa deroga ai diritti fondamentali deve avvenire secondo la legge, servire al perseguimento di uno degli obiettivi di cui sopra ed essere necessaria per conseguire l’obiettivo dichiarato. 89 La giustificazione della sicurezza nazionale implica un grave caso di minaccia politica o militare per l’intera nazione, un’accusa rivolta dal Governo, ma mai comprovata. Perché la motivazione della pubblica sicurezza sia credibile, occorre una minaccia specifica alla sicurezza personale o l’integrità fisica delle persone. Ancora una volta, il Governo ha fatto affidamento su dichiarazioni generiche, invocando l’eccezione, come aveva fatto nei propri tentativi di legittimare la repressione per motivi di ordine pubblico, salute e morale pubbliche ed in nome dei diritti e delle libertà altrui. 90 Le proteste del Falun Gong non hanno nemmeno intralciato il traffico, per non parlare del fatto che non hanno provocato disordine pubblico.

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Altre attività del Falun Gong sono state represse man mano che i rischi ad esse associati aumentavano. A Dicembre 1999, il Governo Centrale aveva istituito una politica che rendeva i funzionari locali, dai governatori in giù, personalmente responsabili se gli abitanti delle loro aree raggiungevano Beijing per protestare. 94 Con l’aumento dell’indice di dimostrazioni e la crescita della frustrazione del governo centrale, anche la pressione sui funzionari locali aumentava di pari passo per indurre questi ultimi a lottare contro l’ondata di dimostranti.

In almeno una città, Weifang, Provincia di Shandong, i risultati furono disastrosi. La vicinanza della città a Beijing, distante soltanto 300 miglia, l’esistenza di un collegamento ferroviario diretto, le strade relativamente buone e l’alta concentrazione di appartenenti del Falun Gong nell’area, permisero ai praticanti di recarsi ripetutamente in Piazza Tienanmen. Con l’aumento delle proteste, anche la minaccia imposta sulle carriere dei funzionari locali, anche del governatore, crebbe di pari passo. 95 Questi rispose con l’istituzione di un sistema di multe imposte ai funzionari che consentivano ai praticanti di raggiungere Beijing. Il governo provinciale multava i sindaci ed i capi di contea che, a loro volta, multavano i membri della Commissione Politica e Legale; 96 questi multavano quindi i capi di villaggio che punivano i funzionari di polizia in quelli che venivano chiamati “centri di trasformazione”, speciali luoghi di detenzione che utilizzavano il lavaggio del cervello e l’abuso fisico per “aiutare” i praticanti del Falun Gong a rinnegare la propria fede. In seguito all’adozione del nuovo sistema, i pestaggi di polizia nell’area di Weifang aumentarono, in parte come avvertimento ai praticanti di restare fuori da Beijing, ed in parte per estorcere denaro per pagare le multe dei funzionari. 97 Le morti sospette in detenzione, nella provincia di Shandong, superarono di gran lunga quelle avvenute in altre parti della Cina. 98

A Ottobre 2000, un anno dopo l’attuazione della normativa per regolare il “culto diabolico”, il governo mostrava sempre meno tolleranza nei confronti dei praticanti gregari che continuavano a sfidare il governo partecipando a raduni di protesta. Invece di essere rimandati alla propria città natale per una “trasformazione”, questi furono immediatamente detenuti. Se venivano identificati come trasgressori reiterati, venivano rapidamente sanciti per via amministrativa ed inviati in campi di lavoro per la rieducazione; alcuni scontavano delle condanne fino a tre anni. 99 Inoltre, i funzionari erano così poco preoccupati della condanna internazionale, che si preoccuparono a malapena di nascondere la brutalità quotidiana in Piazza Tienanmen.

La frustrazione della leadership per la sua incapacità di smantellare rapidamente e completamente il Falun Gong era evidente anche nella sua campagna mediatica. Un lungo commento, pubblicato dalla Xinhua il 20 Ottobre 2000, riaffermava i presunti pericoli del culto, dettagliando quanto fosse corrotto, quanto ridotto fosse il supporto che esso trovava tra le masse e quanto “apertamente si opponga al Partito ed al Governo e si sia trasformato da cima a fondo fino a divenire un’organizzazione politica che mira al capovolgimento della Repubblica Popolare Cinese ed il sistema socialista. “ 100 A Gennaio 2001, il Governo fu costretto ad ammettere che, contrariamente a quanto dichiarato in precedenza, la guerra non era stata vinta e le “vaste masse” avrebbero dovuto comprendere la “durata, la complessità e la ferocia della nostra battaglia contro il Falun Gong”. 101 Nel tentativo di dimostrare la tenacia e l’ambiguità del Falun Gong, la Televisione Centrale Cinese, per la prima volta, trasmise la cronaca delle proteste e dei appartenenti che proclamavano la divinità.

Nel Nuovo Anno Lunare 2001, la campagna del Governo iniziò a fare grandi progressi. Il 23 Gennaio, Vigilia del Nuovo Anno, e per la Cina vigilia del nuovo millennio, un gruppo di uomini e donne tentò di darsi fuoco in Piazza Tienanmen. Una donna morì sul posto; la sua figlia dodicenne morì qualche settimana dopo: tre persone furono ricoverate in ospedale e due non riuscirono ad appiccare il fuoco alla benzina che avevano con sé. 102 Il 1° Marzo le autorità cinesi comunicarono l’arresto di due persone che, dissero, avevano contribuito ad organizzare il sacrificio umano. 103

Li Hongzhi ed i portavoce del Falun Gong negarono immediatamente il coinvolgimento dei praticanti, sottolineando in primo luogo che il Falun Gong impediva il suicidio e, in secondo luogo, che delle incongruenze nei rapporti di cronaca cinese suggerivano che le autorità cinesi avevano inscenato il sacrificio. 104 Altri considerarono la smentita del Falun Gong con una buona dose di scetticismo e le domande sull’incidente, quale quella sul presunto coinvolgimento dei praticanti ed il ruolo delle forze di polizia, restano irrisolte. 105.

La Cina rispose all’avvenimento con insolita tempestività, chiudendo completamente Piazza Tienanmen e stimolando l’avversione pubblica nei confronti del movimento. Nel giro di un mese, le autorità pubblicarono una serie stampata di opuscoli insidiosi intitolati “Tutta la storia dell’incidente del sacrificio umano creata dai patiti del Falun Gong in Piazza Tienanmen”, che metteva in primo piano le fotografie a colori dei corpi carbonizzati. Le autorità tentarono inoltre di dichiarare la motivazione morale, di grande elevatezza, presentando la propria replica al Falun Gong per proteggere i diritti umani, il profondo coinvolgimento nel tentativo internazionale di limitare le devastazioni causate dai culti e gli sforzi pazienti e professionali di annullare i piani delle vittime fuorviate del Falun Gong. 106 Secondo il Segretario Generale dell’Ufficio del Consiglio di Stato per la Prevenzione e la Gestione dei culti diabolici (istituito a Novembre 2000), “lo sforzo della Cina di smascherare e criticare il Falun Gong [fa] parte della lotta anti-culto nel mondo.”. 107 Lo stesso continuava paragonando il Falun Gong al Ramo dei appartenenti di David negli Stati Uniti, all’Aum Shinrikyo in Giappone ed al Movimento per il Ripristino dei Dieci Comandamenti di Dio in Uganda.

Le autorità cinesi usarono la tragedia della dodicenne sacrificata per sottolineare la loro preoccupazione per i bambini ed istruire i più giovani sui presunti mali del Falun Gong. 108 “Camerati veterani, membri dei comitati provinciali di attività istituite dal Governo per occuparsi delle generazioni future, tennero di forum di discussione per illustrare la “vera natura” del Falun Gong a studenti ed insegnanti. 109 Rispondendo ad un appello della Lega dei Giovani Comunisti Cinesi, circa otto milioni di studenti avevano aderito all’Azione anti-culto, di recente istituzione, delle Comunità civili di giovani a livello nazionale, iniziando attività propagandistiche ed educative in cento città utilizzando striscioni alle finestre, poster, volantini, video e conferenze per sostenere la scienza e denunciare il Falun Gong. Corsi anti-Falun Gong furono programmati nelle scuole e 12 milioni di giovani, a livello nazionale, denunciarono presumibilmente il Falun Gong per iscritto. 110
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I cambiamenti più significativi ci furono dopo una Conferenza Centrale di Lavoro (un incontro di alti funzionari di Partito provenienti da tutta la Cina e chiamati dal Comitato Centrale di Partito) a metà Febbraio 2001, quando il Presidente Jiang aveva detto ai funzionari di Partito provinciali e municipali di aumentare il controllo dei praticanti del Falun Gong. 118 Il piano prevedeva l’istituzione immediata di “task force anticulto” locali e strutture simili nelle università, nelle imprese statali e nelle organizzazioni sociali, per accrescere l’ “ufficio 610” (così detto dalla data della sua fondazione) che aveva presumibilmente condotto la repressione dal 10 Giugno 1999, e l’ “ufficio propagandistico” incaricato della conduzione della campagna mediatica. 119 Il piano ordinava ai funzionari locali la detenzione dei praticanti attivi, assicurandosi che le famiglie ed i datori di lavoro garantissero l’isolamento di quelli non disposti a ritrattare formalmente. È stato riferito che il governo centrale aveva imposto ai funzionari locali l’uso sistematico della violenza ed aveva inoltre incrementato l’uso di metodi di coercizione psicologica, ove quest’ultima era condotta da ex aderenti al movimento, contro i praticanti ostinati. 120 Stime del momento suggerivano che 10.000 praticanti erano detenuti, 5.000 si erano rifiutati di rinnegare il proprio credo e 1.000 attivisti noti erano in libertà. 121 I funzionari temevano inoltre che molti di coloro che erano stati detenuti soltanto per un breve periodo, stimati in decine di migliaia, sarebbero tornati alla pratica spirituale del movimento se si fossero allentati i controlli. 122

5)pagina 38

Attraverso pubbliche dichiarazioni, iniziative legali e strategie di sicurezza meno pubblicizzate, le autorità cinesi fecero sapere che non avevano alcuna intenzione di allentare la pressione. Le attività pubbliche comprendevano una mostra anti-culto a Beijing, un blitz dei mass media sui mali del Falun Gong mettendo in primo piano gli ex appartenenti ed annunci sui processi dei presunti responsabili della conduzione dei morti sacrificati in Piazza Tienanmen a Gennaio 2001. Elemento ancora più importante: dietro le scene, i leader cinesi continuavano ad attuare il “sistema della responsabilità”, per cui tutti i livelli di capi di governo, la polizia, i quadri di quartiere, i sindacati ed i membri familiari devono essere puniti” qualora un praticante avesse raggiunto Beijing per protestare. 142 La tattica impedì ai praticanti di alimentare la cronaca internazionale, consentendo alle autorità di continuare a perseguitare i credenti con poche possibilità di cronaca internazionale di testimoni oculari. I funzionari dell’ambasciata cinese all’estero s’impegnarono ad indebolire il supporto internazionale al Falun Gong. 143
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(da continuare)

Tradotto da:
Meditazione Pericolosa
La campagna cinese contro il Falun Gong
Copyright © January 2002 by Human Rights Watch.
Tutti i diritti riservati
Stampato negli Stati Uniti d’America.
ISBN 1-56432-270-X
Libreria del Congresso Catalogo Carda Numero: 2002100348

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